Video delle telecamere di sorveglianza
dell’ospedale Vallo della Lucania contenuti nel documentario «87 ore» di
Costanza Quatriglio
articolo originale: https://ilmanifesto.it/
di Giuseppe Galzerano
Giustizia. Rese
note le motivazioni della Suprema Corte per le condanne contro medici e
infermieri che uccisero, legandolo per 87 ore, il maestro Francesco
Mastrogiovanni nell'ospedale di Vallo della Lucania (Salerno)
La contenzione dei pazienti negli ospedali e delle persone in
qualsiasi luogo non solo non è ammessa, ma è sequestro di persona e chi
vi ricorre commette un grave reato.
Si tratta di un’illegittima privazione della libertà personale.
Inoltre è necessario annotare la contenzione nella cartella clinica che
«dev’essere redatta chiaramente con puntualità e diligenza, nel rispetto
delle regole della buona pratica clinica, e contenere, oltre ogni dato
obiettivo relativo al decorso della patologia, tutte le attività
diagnostico terapeutiche ed assistenziali praticate», perché l’omessa
annotazione dà «luogo ad una falsa rappresentazione di una realtà
giuridicamente rilevante».
È quanto ha stabilito la V Sezione della Corte di Cassazione,
presieduta dal Consigliere Dr. Maurizio Fumo, nelle motivazioni del 20
giugno 2018 nella sentenza n. 50497 contro i sei medici e gli undici
infermieri dell’ospedale-lager «San Luca» di Vallo della Lucania (Sa),
responsabili della prematura morte di Francesco Mastrogiovanni, il
maestro elementare anarchico, deceduto in seguito ad una lunga,
illegittima e ininterrotta contenzione di 87 ore, tenuto legato senza
alcuna ragione contemporaneamente ai quattro arti in un luogo di cura,
senza alleviare la sofferenza né con un sorso d’acqua e né un pezzo di
pane.
Oltre ai medici sono stati condannati anche gli undici infermieri, i
quali, come i medici, hanno l’obbligo di «proteggere» il paziente e di
segnalare all’autorità competente maltrattamenti o privazioni,
soprattutto della libertà personale, insieme all’obbligo di «attivarsi
per far cessare la coercizione» in quanto sono «più frequentemente a
contatto con il paziente ed in grado di constatare da vicino le
sofferenze che la limitazione meccanica gli cagionava».
In primo grado i medici erano stati condannati a pene variabili da
due a quattro anni di reclusione e gli infermieri assolti, poi
condannati dalla Corte d’Appello di Salerno.
I medici e i loro difensori avevano tentato di giustificare la
contenzione come risposta all’aggressività del paziente, continuando
anche in Cassazione, a denigrare Mastrogiovanni definendolo – in maniera
infondata – violento, drogato, asociale, abbandonato dalla famiglia
(solo un avvocato lo ha sempre definito correttamente «il professore
Mastrogiovanni); arrivando finanche a chiedere l’incriminazione dei
familiari per lite temeraria e sostenendo che la contenzione è una
pratica terapeutica.
Nelle motivazioni viene affermata e riconosciuta la verità:
Mastrogiovanni non aveva messo in atto nessuna aggressività, anzi aveva
implorato aiuto ai medici, ma nessuno – a partire dal primario – gli
aveva dato ascolto.
Viene anche riconosciuto che nell’ospedale di Vallo della Lucania la
contenzione era una «prassi radicata» tale da diventare terapia e
medicina quotidiana. Invece delle cure, ai pazienti veniva praticata la
pedagogia della contenzione.
Storia impensabile e incredibile quella di Francesco Mastrogiovanni.
Il 31 luglio 2009 è sottoposto ad un TSO (Trattamento Sanitario
Obbligatorio) illegittimo e illegale ordinato non dai medici come
prescrive la norma, ma dall’allora sindaco di Pollica, Angelo Vassallo,
che fa sconfinare i vigili in un campeggio del comune di San Mauro
Cilento, dove Mastrogiovanni è tranquillamente in vacanza.
Accusato di essere entrato con la macchina nell’isola pedonale di
Acciaroli, ne sarebbe uscito a folle velocità, senza causare un graffio a
nessuno. Inseguito e braccato alla stregua di una belva e di un
pericoloso criminale, entra nel mare di Acciaroli, che abbandona dopo
due ore. Solo allora un medico, capovolgendo la norma, assecondando la
richiesta del sindaco, prescrive il TSO e una dottoressa, specializzata
in medicina dello sport, lo conferma.
Prima di salire sull’ambulanza Mastrogiovanni – come ha testimoniato
Licia Musto, proprietaria del campeggio – supplica profetico: «Non mi
fate portare all’ospedale di Vallo della Lucania, perché là mi
ammazzano», ma nessuno dà peso alle sue parole.
All’ospedale, nonostante sia intestato a San Luca, inizia il suo
tragico calvario. Anche se è tranquillo, mentre dorme, viene contenuto
contemporaneamente ai polsi delle mani e ai piedi, con lacci di plastica
in dotazione dell’ospedale che gli procurano ferite profonde un
centimetro.
Resterà sempre legato fino alla morte. Addirittura la contenzione
supera la vita e da morto resta legato per altre sei ore, prima che la
mattina del 4 agosto 2009 i medici si accorgano che il suo cuore –
nell’indifferenza, nella barbarie e nella disumanità – ha cessato di
battere a causa di un edema polmonare, dal quale poteva essere salvato.
La tragica e incredibile morte di Mastrogiovanni è documentata in un
lungo e inoppugnabile video disponibile su internet e nel documentario
«87 ore» di Costanza Quattriglio trasmesso da RAI 3, che minuto dopo
minuto raccontano le agghiaccianti atrocità alle quali – senza nessuna
ragione – viene sottoposto, senza annotare la contenzione fisica in
cartella.
Mastrogiovanni, alto un metro e 94, era un maestro pacifico e non
violento di grande umanità e sensibilità, che sognava una società libera
e anarchica.
I suoi gli alunni lo avevano affettuosamente definito nei loro disegni «il maestro più alto del mondo».
Dopo questa importante e storica sentenza, dovuta al sacrificio di
Francesco Mastrogiovanni, non sarà più possibile contenere i pazienti.
Occorre infine sottolineare che nessuno dei medici coinvolti ha
subito un giorno di carcere, né sono stati sospesi dal lavoro e uno di
loro è indagato per altre due morte sospette sempre per TSO, avvenute
recentemente nel reparto dell’ospedale dove lavora.
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