foto https://www.sott.net/article/312615-Prescription-drugs-are-killing-us-says-Dr-Peter-Gotzsche-and-hes-not-the-only-one |
By: Professor Peter C. Gøtzsche, the Nordic Cochrane Centre; Pharmacist Birgit Toft; Pharmacist Bertel Rüdinger; Child and adolescent psychiatrist Lisbeth Kortegaard; Psychologist Olga Runciman; and Psychologist Anders Sørensen
Il
12 giugno 2017 a Copenhagen abbiamo tenuto il primo corso sulla
sospensione degli psicofarmaci. Il corso era aperto a pazienti,
parenti, psicologi, medici e altri operatori sociali e sanitari;
hanno partecipato 77 persone.
Le
nostre guide pratiche, una tabella sull’astinenza, un elenco di
medici e di altri, disposti ad aiutare con lo scalaggio e le lezioni
(con sottotitoli in inglese) sono disponibili sulla prima pagina di
www.deadlymedicines.dk.
Nell’ottobre
del 2016, due di noi sono stati coinvolti nella co-fondazione
dell'International Institute for Psychiatric Drug Withdrawal
[Istituto Internazionale per la dismissione di psicofarmaci] di
Göteborg, in Svezia, istituto che ha appena terminato il suo primo
corso. Al Nordic Cochrane Center facciamo ricerca sulla dismissione
degli psicofarmaci, e tutti coloro che sono interessati a questo
aspetto sono i benvenuti.
I
corsi sulla dismissione sono assolutamente necessari. Circa il 5%
degli abitanti dei paesi occidentali sono assuefatti da psicofarmaci
e hanno difficoltà a trovare aiuto per la loro dismissione.
Pochissimi medici sanno come farlo correttamente e le raccomandazioni
ufficiali sono scarse, ad es. dimezzare la dose quando si scalano gli
antidepressivi è troppo veloce. Si possono ridurre i sintomi di
astinenza riducendo la dose solo del 10% alla volta, dal 100% al 90%
e dopo 2-4 settimane, fino all’80% della dose abituale, ecc., e
magari a passi ancora più piccoli, quando la dose è stata ridotta
fino circa il 30%.
Spesso
il passo più difficile è passare da una dose bassa al niente, che
costituisce un’enorme barriera psicologica. Il paziente ha spesso
costruito la sua identità intorno a una diagnosi accompagnata
dall’assunzione di psicofarmaci, e a metà (o più della metà) dei
pazienti è stato detto che il loro disturbo mentale è dovuto a uno
squilibrio chimico nel cervello. Si tratta di un mito, ma ha lo
sfortunato effetto che alcuni pazienti hanno paura di rimanere senza
psicofarmaci perché pensano di essere chimicamente difettosi e che
gli psicofarmaci possano rimetterli a posto.
Molti
pazienti hanno sperimentato di non riuscire ad ottenere aiuto nello
scalaggio, oppure gli psichiatri li hanno allontanati quando hanno
iniziato a scalare gli psicofarmaci da soli, anche se avrebbero
comunque preferito rimanere in contatto con il servizio psichiatrico
per ottenere supporto psicologico. Un membro dello staff in una
comunità (struttura abitativa assistita) aveva chiesto cosa fare per
sostenere i pazienti nel processo di dismissione degli psicofarmaci,
ma lo psichiatra supervisore non era disposto a discutere la
questione. Aveva risposto che se una persona gestisce il farmaco,
agisce come un assistente medico ed è quindi tenuto a seguire le
istruzioni. Tuttavia in Danimarca, il National Board of Social
Welfare ha pubblicato numerosi opuscoli utili sulla rieducazione
dello psicofarmaco, tra cui “The Good Consultation”, e usandolo
la psichiatria sociale ha avuto esperienze positive.
Gli
psicofarmaci influenzano le normali funzioni cerebrali, ed è quindi
importante avere un programma di scalaggio. Durante la dismissione,
c'è in genere una fase in cui ritornano le sensazioni e il senso del
proprio corpo. Questo può essere un momento caotico e difficile da
superare, perché il paziente non ha funzionato normalmente per un
tempo molto lungo, né al lavoro, né socialmente o durante il tempo
libero. In questa fase, l’aiuto di famigliari, amici e conoscenti è
essenziale per sostenere la speranza del paziente in una vita
migliore senza psicofarmaci e per evitare che il paziente possa
ripensarci e riprendere completamente l’assunzione degli
psicofarmaci. In questa fase, i pazienti e i loro parenti traggono
spesso beneficio dai colloqui di supporto con un terapista
professionista.
Quando
le persone entrano più a stretto contatto con se stesse, in primo
luogo tendono a rivivere il motivo per cui sono finite in
psichiatria. Pertanto, molti trarranno grande beneficio lavorando
terapeutico su ciò che è successo nel corso della loro vita. Ad
esempio, la maggior parte di quelli che hanno una diagnosi di
schizofrenia, hanno sperimentato gravi traumi.
Un’altra
fase difficile si verifica quando i pazienti si sono liberati dagli
psicofarmaci e riprendono il contatto sociale. Forse hanno avuto
pochi o, nessun contatto con i famigliari e gli amici, e può essere
difficile capire che i loro cari stanno bene e hanno un buon lavoro,
mentre il paziente è magari stato lasciato in una comunità
circondato da persone che stanno vivendo un periodo difficile
La
nostra conoscenza su ciò che accade durante la dismissione degli
psicofarmaci e specialmente dopo la dismissione, è scarsa. Se il
paziente comincia ad avere sintomi alcuni mesi dopo la dismissione,
molti lo interpretano come una ricaduta nel disturbo, ma questo è
tutt'altro che evidente. Spesso si tratta di sintomi di astinenza
tardiva che possono essere scatenati da stress o traumi, in un
cervello che non si è ancora completamente ristabilito. Potrebbe
volerci molto tempo prima che i sistemi recettori del cervello
ritornino alle loro normali condizioni, e talvolta non succede mai,
il che significa che il trattamento ha causato danni permanenti al
cervello.
Un
processo di sospensione dello psicofarmaco deve essere adattato a ciò
cui il paziente può far fronte, e quindi deve essere controllato dal
paziente. Non è possibile dire nulla con certezza riguardo la
durata; nella maggior parte dei casi, durerà alcuni mesi, nel
peggiore dei casi, diversi anni o la dismissione non si realizzerà
mai.
Se
un paziente sta assumendo più di un psicofarmaco,
si consiglia di
smettere un farmaco alla volta, perché è
difficile sapere quale
di questi ha
causato i sintomi di astinenza, se una dose
di tutti gli psicofarmaci viene ridotta
allo stesso tempo. Se il primo farmaco che il paziente ha assunto
ha causato effetti collaterali che hanno portato a una nuova diagnosi
psichiatrica e nuovi psicofarmaci per
questa sofferenza iatrogena, si dovrebbe iniziare con il primo
psicofarmaco. Ad
esempio, nel caso
a un paziente sia
stata prescritta una pastiglia
antidepressiva
per i sintomi di depressione provocati
da un precedente trattamento con uno stimolante centrale. In questo
caso, il primo passo è quello di smettere
lo stimolante centrale, e poi la pastiglia
antidepressiva.
Se iniziano con la pastiglia
antidepressiva, il paziente può
sperimentare una depressione da dismissione
dovuta allo “squilibrio chimico” causato dallo
psicofarmaco.
Una
depressione da dismissione
è un danno causato dallo
psicofarmaco. Non
è una vera depressione che sarebbe arrivata comunque, anche senza
farmaci. È caratteristico per il fatto che
se la dose completa viene ripresa, i pazienti migliorano dopo alcune
ore, proprio come un alcolizzato migliora quando l’alcol è di
nuovo sul tavolo.
Per
altri pazienti è vantaggioso iniziare con gli
psicofarmaci più
problematici. Se il paziente ha successo, ci sono buone possibilità
di successo anche con gli altri farmaci. Pertanto, si consiglia
spesso di iniziare con i neurolettici e terminare con i
sonniferi.
Se
i sintomi di astinenza diventano troppo severi,
si consiglia di sopportarli, poiché di solito si risolvono
abbastanza rapidamente, e quindi l’intervallo dello
scalaggio può
essere esteso.
Altri preferiscono aumentare la dose al livello in cui si trovava il
paziente prima che i sintomi da astinenza diventassero troppo gravi,
e poi allungare
l’intervallo dello scalaggio.
È
importante che il paziente tenga d’occhio se stesso ed venga
supportato da famigliari,
amici e conoscenti che sono spesso più obiettivi dei pazienti stessi
il cui cervello è affetto da sostanze
chimiche. Può essere molto utile tenere un diario e compilare una
tabella di dismissione,
dove è possibile aggiungere ulteriori sintomi non presenti nel
grafico e seguirli giorno per giorno. Per avere un'idea generale del
processo dello scalaggio,
è possibile valutare i sintomi ogni giorno da 1 a 10, con 10 come il
migliore.
Le
case farmaceutiche hanno reso molto difficile la
dismissione dagli psicofarmaci perché
evitano di produrre psicofarmaci a basso
dosaggio. Questo è il motivo per cui dobbiamo fare
da soli. Abbiamo preparato una breve guida che spiega come la maggior
parte delle compresse può essere schiacciata o disciolta in acqua e
dosata con una siringa di plastica, e come le capsule possono essere
suddivise.
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We held the first course ever on psychiatric drug withdrawal on 12
June 2017 in Copenhagen. The course was open to patients, relatives,
psychologists, doctors and other social and healthcare workers, and 77
people participated.
Our practical guides, an abstinence chart, a list of doctors and
others willing to help with tapering, and the lectures (with English
subtitles) are available from the front page of www.deadlymedicines.dk.
In October 2016, two of us were involved in co-founding the International Institute for Psychiatric Drug Withdrawal in
Göteborg, Sweden, and this institute has also just finished its first
course. At the Nordic Cochrane Centre, we do research on drug
withdrawal, and everyone with an interest in this is most welcome.
Withdrawal courses are badly needed. About 5% of the inhabitants in
Western countries have become dependent on psychiatric drugs and have
difficulty getting help with tapering off them. Very few doctors know
how to do it properly and the official recommendations are poor, e.g. to
halve the dose when withdrawing from depression pills,1 which is much too fast.2 3 One
can reduce withdrawal symptoms by reducing the dose by only 10
percentage points at a time, from 100% to 90%, and after another 2-4
weeks, to 80% of the usual dose, etc., perhaps with even smaller steps
when the dose has been reduced to about 30%.
Often, the most difficult step is to go from a low dose to nothing,
which to a considerable extent is a psychological barrier. The patient
has often built their identity around a diagnosis with accompanying pill
intake, and half of patients or more have been told that their mental
disorder is due to a chemical imbalance in the brain. This is a myth,
but it has the unfortunate effect that some patients are scared of
becoming drug-free because they think they are chemically defective and
that the drugs fix this.
Several patients had experienced being unable to get help with
tapering, or psychiatrists dismissing them when they had tapered off the
drugs on their own, but still wanted to stay in contact with psychiatry
in order to get psychological support. A staff member in a group home
(supported living facility) had asked what she should do if she wanted
to support patients in the drug withdrawal process, but the supervising
psychiatrist was unwilling to discuss the issue. The answer was that if
you handle the medication, you act as a medical assistant and are
required to follow the instructions. However, in Denmark, the National
Board of Social Welfare has published several useful leaflets about drug
pedagogics including “The Good Consultation,” and social psychiatry has
good experiences with using them.
Psychiatric drugs affect normal brain functions, and it is therefore important to have a tapering plan.4
During withdrawal, there is typically a phase where feelings and the
sense of one’s own body return. This can be a chaotic and difficult time
to get through because the patient has not functioned normally for a
very long time, neither at work, nor socially or during leisure time. In
this phase, help from family, friends, and acquaintances is essential
to support the patient’s hope of a better, medication-free life on the
other side, and to prevent the patient from having second thoughts about
withdrawal and resuming full medical treatment. In this phase, patients
and their relatives often benefit from supportive talks with a
professional therapist.
When people get in closer contact with themselves, they tend to
relive the reason why they ended up in psychiatry in the first place.
Therefore, many will benefit greatly from working therapeutically on
what happened to them in their life. For example, most of those with a
schizophrenia diagnosis have experienced severe traumas.
Another difficult phase occurs when patients have become drug free
and resume social contact. Perhaps they have had little or no contact
with family and friends, and it can be difficult to comprehend
that their loved ones are well and have a good job, while the patient
may be left in a group home surrounded by people who are having a hard
time.
Our knowledge of what happens during drug withdrawal, and especially
after withdrawal, is poor. If the patient gets symptoms some months
after withdrawal, many will interpret this as a relapse of the disorder,
but this is far from clear. Often it is a question of late
withdrawal symptoms that can be triggered by stress or trauma in a brain
that has not recovered fully. It may take a very long time for the
brain’s receptor systems to revert to their normal condition, and
sometimes it never happens, which means that the treatment has caused
permanent brain damage.
A drug withdrawal process must be adapted to what the patient can
cope with and therefore must be controlled by the patient. It is not
possible to say anything with certainty about the duration; in most
cases, it will last some months, at worst, several years or withdrawal
will never be successful.
If a patient is taking more than one drug, it is most often
recommended to withdraw from one drug at a time because it is difficult
to know what caused the withdrawal symptoms if a dose of several drugs
is being reduced at the same time. If the first drug the
patient received caused side effects that led to a new psychiatric
diagnosis and medicine for this iatrogenic suffering, one should start
with the first drug. For example, if a patient was prescribed a
depression pill for symptoms of depression elicited by prior treatment
with a central stimulant. In this case, the first step is to withdraw
the central stimulant, and next the depression pill. If they start with
the depression pill, the patient may experience an withdrawal depression
due to the “chemical imbalance” caused by the drug.
A withdrawal depression is harm caused by the drug. It is not a true
depression that would have come anyway, even without medication. It is
characteristic that if the full dose is resumed, the patients get better
after a few hours, just like an alcoholic gets better when alcohol is
on the table again.
For other patients, it is advantageous to start with the most
troublesome medication. If the patient succeeds, there is a good chance
of success with the other drugs as well. Therefore, it is often
recommended to start with neuroleptic drugs and end with sleeping pills.
If the withdrawal symptoms become too severe, it is recommended to
endure them, as they usually resolve pretty quickly, and then the
tapering interval can be extended. Others prefer to increase the dose to
the level the patient was on before the withdrawal symptoms became too
severe, and then extend the tapering interval.
It is important that the patient keeps an eye on themselves and
is supported by family, friends, and acquaintances who are often more
objective than patients whose brains are affected by chemicals. It can
be very useful to keep a diary and fill in a withdrawal chart, where
additional symptoms that are not on the chart can be added, and to
follow these day by day. To get an overall impression of the withdrawal
process, one can rate the symptoms each day from 1 to 10, with 10 being
the best.
The drug companies have made drug withdrawal very difficult
by failing to produce drugs of lower strengths. This is why we must act
ourselves. We have prepared a brief guide explaining how most tablets
can be crushed or dissolved in water and dosed with a plastic syringe,
and how capsules can be split.
- RADS. Rådet for Anvendelse af Dyr Sygehusmedicin. Behandlingsvejledning for almen praksis: unipolar depression. April 2015.
- Breggin P. Psychiatric drug withdrawal: A guide for prescribers, therapists, patients and their families. New York: Springer; 2012.
- Gøtzsche PC. Deadly psychiatry and organised denial. Copenhagen: People’s Press; 2015.
- Vejledning om ordination af afhængighedsskabende lægemidler, nr. 9009 af 27/12/2013. Sundheds- og Ældreministeriet.