NO ! PAZZIA NOTIZIE
RADIO COOPERATIVA (MORTISE, PADOVA)
OSPITI: Giorgio Antonucci
Sergio Martella
Massimo Panzera
NO ! PAZZIA NOTIZIE
Conversazione con Giorgio Antonucci, con interventi, radiotrasmessa in diretta da Radio Cooperativa (Mortise, Padova) il 1 settembre 2001 (testo trascritto dalla diretta radiofonica)
(in fondo altri materiali su Giorgio Antonucci)
RADIO COOPERATIVA (MORTISE, PADOVA)
PSICHIATRIA, ANTIPSICHIATRIA, DISAGIO MENTALE, DISAGIO SOCIALE
OSPITI: Giorgio Antonucci
Sergio Martella
Massimo Panzera
Sabato 1° settembre 2001, Giorgio Antonucci è ospite di Radio
Cooperativa nella trasmissione dal titolo “Psichiatria, antipsichiatria,
disagio mentale, disagio sociale”. Conduce Emilio Nasuti.
E.N.:“Finalmente è con noi il dott. Giorgio Antonucci, un ospite
speciale che aspettavamo da tempo, e insieme ad Antonucci sono presenti
Massimo Panzera, come ospite fisso per tutti questi due anni, Sergio Martella
e Francesco. La trasmissione ha come scopo quello di fare opera di informazione
rispetto alle problematiche del disagio, disagio mentale. Fare sensibilizzazione
intorno alle tematiche del disagio mentale e disagio sociale. Giorgio Antonucci
ha pubblicato numerosi articoli su riviste come “Ombre Rosse”, “il Ponte”,
“Collettivo R” e altre. Numerosi sono anche i suoi scritti. Quindi iniziamo
la trasmissione, io darei la parola a massimo poi a Sergio e poi, se ci
sarà spazio, daremo voce anche aglitri ospiti che sono qua e soprattutto
a voi ascoltatori. Quindi buono ascolto a tutti.
Ora darei la parola al dottore.
G.A.: Devo innanzitutto specificare che l’ultima legge non è “legge Basaglia” come dicono tutti, devo specificarlo perché Basaglia non la voleva nemmeno, perché non era affatto soddisfatto e poi pensava anche che non era con una legge che si possano cambiare le cose, ma con un modo diverso di lavorare. E infatti questa legge è poi servita a poco. Però direi che se si va, ora, in una clinica psichiatrica sembra che non sia accaduto nulla, e anche se si va in una università. Le cliniche psichiatriche sono chiuse, sono con camice di forza, a volte si fanno elettroschock a volte no, si usano psicofarmaci fino al decadimento fisico della persona, le persone non sono ascoltate su uno dei loro problemi, per cui… io ho veduto le cliniche psichiatriche prima di questo periodo, all’inizio del mio lavoro, e le vedo ora e non c’è nessuna differenza.
Ora darei la parola al dottore.
G.A.: Devo innanzitutto specificare che l’ultima legge non è “legge Basaglia” come dicono tutti, devo specificarlo perché Basaglia non la voleva nemmeno, perché non era affatto soddisfatto e poi pensava anche che non era con una legge che si possano cambiare le cose, ma con un modo diverso di lavorare. E infatti questa legge è poi servita a poco. Però direi che se si va, ora, in una clinica psichiatrica sembra che non sia accaduto nulla, e anche se si va in una università. Le cliniche psichiatriche sono chiuse, sono con camice di forza, a volte si fanno elettroschock a volte no, si usano psicofarmaci fino al decadimento fisico della persona, le persone non sono ascoltate su uno dei loro problemi, per cui… io ho veduto le cliniche psichiatriche prima di questo periodo, all’inizio del mio lavoro, e le vedo ora e non c’è nessuna differenza.
Questo non significa che non sia cambiato qualcosa. La cultura è
cambiata, non è più così facile come prima considerare
una persona da internare, ci si pensa di più, mentre prima non ci
si pensava affatto. Abbiamo messo un dubbio nella cultura però non
abbiamo cambiato, tolto iniziative eccezionali che io potrei anche non
conoscere, ma per quelle che conosco non è cambiato niente. All’estero
negli Stati Uniti, Germania, Inghilterra ci sono iniziative culturali,
dibattiti, ma le cliniche psichiatriche, i manicomi sono precisi a come
erano una volta.
S.M.: “Per cliniche psichiatriche lei intende quelle private, perché
adesso di pubbliche ne sono rimaste poche, in Italia…
G.A.: “Io prendo in considerazione la distinzione tra cliniche private
e pubbliche, però il problema mi interessa poco perché sia
le cliniche private sia le cliniche pubbliche sono strutture strettamente
psichiatriche e vi fanno le stesse cose. Certamente come è sempre
accaduto, nelle cliniche private in cui ci sono persone con maggiori mezzi,
possono essere in parte protette da questi trattamenti della psichiatria.
Ma i trattamenti sono gli stessi. Se uno entra in una qualsiasi clinica
privata o pubblica, trova quelle cose di cui ho parlato prima. Si prende
una persona, si strappa dal suo ambiente, si pensa che sia una macchina
da accomodare e questo è il pregiudizio fondamentale. Noi siamo
una macchina che si guasta, se io non torno bene con le convinzioni sociali,
secondo tutto il discorso psichiatrico, sono guasto e vado riparato. Non
si considera il problema dal punto di vista della società che ha
convinzioni rigide e degli individui che naturalmente non tutti e non sempre
si adeguano totalmente a queste convenzioni. Io dico per fortuna. Gli psichiatri,
però, non sono d’accordo e ogni qualvolta una persona che è
senza potere e non rientra nelle convenzioni rischia il trattamento psichiatrico.
La quale cosa è gravissima perché, anche senza l’internamento
in clinica psichiatrica, io questo lo posso dire anche con l’esperienza
degli ultimi anni o di questi giorni, se una persona va in trattamento
psichiatrico da quel momento lì non è più la stessa,
non è un cittadino come gli altri. Io ho avuto di recente uno scontro
con un mio amico carissimo. Uno scontro durissimo. Lui ha adottato una
ragazza di 18 anni. E’ stata adottata perché le è morta la
madre improvvisamente poco tempo fa, andava molto bene a scuola era appassionata
per la scuola, ma la perdita della madre il cambiamento di famiglia,si
è trovata male, una serie di vicende e questa ragazza si sta ribellando.
Siccome questa ragazza ha dei soldi propri in banca, che si è messa
a spendere, il mio amico mi ha chiesto di inabilitarla. E io ho risposto:
ma proprio a me lo vieni a chiedere io che sono stato processato perché
ho restituito i diritti civili e politici agli internati in manicomio e
tu vuoi farmi complice dell’inabilitazione di una persona di 18 anni?.
Questo mio amico non capisce più questa ragazza, non lo sta a sentire,
ormai è passata per pazza. La ragazza non è mai neanche stata
dallo psichiatra però avendo un comportamento che non è quello
di prima, ma che ha delle motivazioni, però questo basta perché
si incominci a considerare quella persona come una persona che non è
più responsabile che non è più capace che non è
più all’altezza e a questo punto inizia una storia da cui è
difficilissimo se non impossibile tornare indietro.
S.M.: “Penso che questo sia un caso esemplare per capire cosa è
cambiato nel panorama psichiatrico in Italia. Si era cominciato con una
considerazione di base che diceva che il disagio altro non è che
una delle tante forme del cambiamento anche nell’ambito sociale e una delle
cose in cui possiamo incappare nella nostra vita, ciascuno di noi. Quindi
un po’ di rispetto perché le forme di cambiamento possono essere
varie e possono anche attraversare il disagio. Ma d’altra parte cè
invece una cultura monolita del controllo cioè dell’omogeneità
a tutti i costi, che considera il cambiamento come uno dei nemici peggiori,
quindi è l’altro il diverso che va segregato e quando non glielo
si permette lo si psichiatrizza. L’altro il diverso per antonomasia è
proprio il giovane e non solo. Non ci sono più i lager che io ho
visto a Trieste, sono andato lì nel’77.
G.A.: “ No, sul resto posso essere d’accordo, ma ci sono e si può
andare a vedere delle cliniche psichiatriche che sono esattamente quelle
che erano prima. Si può andare nelle università e nei reparti
delle cliniche psichiatriche universitarie.
S.M.: “I materassi intrisi di piscio di orina, che abbiamo visto dalla
Sicilia a Trieste…
G.A.: “ Però a questo proposito penso che in molti di quei istituti
ora non dovrebbero più arrivare nessuno. Io li ho visti e le condizioni
sono queste. Negli ex manicomi, che sono tanti, le condizioni sono identiche
a quelle di una volta. Io ho precisato che qualcosa è cambiato,
noi ci siamo…, ma nelle strutture psichiatriche si continua a fare le stesse
cose. R. Cestari ultimamente ha fatto un giro nelle cliniche, lo si è
visto anche in televisione, lui si occupa del Comitato dei Cittadini dei
Diritti dell’Uomo, e ha trovato condizioni simili a quelle antiche, cioè
persone rinchiuse nude senza nessun rispetto per loro, senza gabinetti
senza le cose che servono per un essere umano. Ed è la situazione
che ho trovato io ad Imola, nel 1973. Io vorrei approfondire il discorso
sul disagio. Io sono pieno di disagio, ho una serie di problemi psicologici
però appunto nessuno viene da me a prendermi e a portarmi in clinica
psichiatrica perché io ho il potere di tenere lontano tutti gli
psichiatri, anche perché lo farebbero volentieri. Il problema non
è il disagio. Il disagio vuol dire sofferenza, la sofferenza è
fisiologica e gli uomini la vivono in ogni loro esperienza come vivono
la gioia, tutte le esperienze hanno un aspetto terribile che ci tormenta.
Il problema è che ci sono persone che sono indifese, per esempio
se io sono tristissimo e penso di morire perché penso che la mia
vita non ha più significato, se io non lo dico a nessuno e lo tengo
per me, poi un giorno lo farò o non lo farò e se lo faccio
lo faccio bene e nessuno mi prende,nessuno si preoccupa se io sono felice
o meno, ma se mi faccio dei tagli sulle braccia o alle vene mi mettono
in clinica psichiatrica. Allora non è il disagio che interessa,
è il fatto che si fa qualcosa che non rientra nei costumi. Siccome
il tentativo di suicidio non è più reato adesso, il tentativo
di suicidio è malattia di mente. Allora il problema è che
quando c’è qualche pensiero o comportamento che si ritiene che non
corrisponde ai costumi si interviene. Ma del disagio gli psichiatri se
ne infischiano altamente. Infatti il disagio aumenta dopo l’intervento
psichiatrico, perché se io mi taglio le vene, mi prendono con la
forza mi portano in clinica psichiatrica, il mio disagio raddoppia, triplica.
S.M.: “Quindi chi ha la capacità di difendersi può avere
un trattamento diverso.
G.A.: “ Si ma, chi ha il potere.
S.M.: “ Mi diceva un ragazzo che ha avuto un lungo iter nei servizi
psichiatrici di Padova, dove si fa molto trattamento farmacologico, quindi
organico, e poco spazio viene dedicato al disagio affettivo, diciamo così.
Egli diceva che il mondo secondo lui si divide in due categorie (secondo
le classiche generazioni) c’è chi si ammala e chi fa ammalare. Nel
senso che a casa sua non sono sintomatici ma sono proprio pazzi.Però
chi sta male è lui. Allora ci sono persone che non sono sintomatiche,
cioè hanno un disagio un livello di angoscia di ansia e hanno la
capacità di avere, o per struttura narcisistica o per tenuta, un
senso in cui il loro disagio si fa sistema. Mentre tutto ciò che
crea loro ansia o che può creare ansia può diventare l’oggetto
su cui scaricare preventivamente e proiettivamente la loro tensione.
G.A.: “ Io però facevo un altro discorso. Io dicevo che il giudizio
psichiatrico è un giudizio che non ha nessun rapporto con la psicologia
della persona. E’ un giudizio sul rapporto che ha la persona con le convinzioni
sociali. Antonin Artaud non aveva nessun disagio, cioè l’ aveva
voglio dire che era un poeta con la sua ricchezza di immaginazione però
il disagio lo avevano gli altri, perché lui era un tipo originale
e lo psichiatra lo ha preso e gli ha fatto l’elettroschock. Lo psichiatra
che gli ha fatto l’elettroschock avrà avuto tanti disagi anche lui
però non era entrato in conflitto con le convenzioni sociali. Il
problema della psichiatria è che la diagnosi si dà quando
c’è un problema sociale.
S.M.: “In Micro Mega del 2000 c’è un articoli del dott.
Cancrini in cui Cancrini si pone il problema, il compito di criticare,
l’unico caso in Italia, la santificazionr e in specifico quella di Padre
Pio, con le sue stigmate e la sua ostensione come modello sociale per la
cultura popolare e ha pensato bene di dire, su “Micro Mega” che a Padre
Pio si potrebbe, con i canoni tradizionali, utilizzando i suoi scritti
autobiografici, si potrebbe pervenire ad una diagnosi psichiatrica, come
si fa normalmente per tutti gli altri. Il risultato è piuttosto
bizzarro.
G.A.: “ Si, voglio dire che questo discorso non è per nulla
originale. Perché c’è un discorso precedente, ormai storico,
che è ancora più interessante. Alfred Binet grande psichiatra
parigino, insegnante alla Sortone, ha scritto una serie di volumi sulla
pazzia di Gesù. Tra l’altro siccome Gesù aveva la fortuna,
nonostante tutto, di vivere quando gli psichiatri non c’erano. Sono recuperate
le esperienze di Gesù e facendo anche lo psicoanalista, perché
leggeva Freud. Binet ha inventato i test psicologici che sono un
disastro e servono a fare disastri. Egli ha scritto 4 volumi sulla pazzia
di Gesù e dice che Gesù ha mania religiosa, poi aveva la
mania di andare in giro era un nomade, e poi non è che andasse molto
d’accordo con la Madonna, probabilmente perché non sapeva chi era
suo padre, San Giuseppe o il Padre Eterno. Considerata così la cosa,
io la prendo da un punto di vista ironico, ma queste cose le ha dette lui.
Allora cosa significa questo che uno psichiatra si permette di dare un
giudizio sul pensiero degli altri a modo suo come gli pare a lui. Secondo
Binet, che non era religioso sicuramente se non non avrebbe scritto sulla
pazzia di Cristo, infatti poi il dottore Albert Swaitzer ha dovuto scrivere
un libro per difendere Cristo dall’accusa di pazzia. Allora il discorso
qual è? Intendo il discorso di pazzia si dà sempre a quelli
che la pensano diversamente, poi si dà il giudizio quando il discorso
non lo si vuole affrontare diversamente. La psichiatria non è una
conoscenza perché può dire tutto e il contrario di tutto
e non solo su persone diverse ma anche sulla stessa persona. L’esempio
chiaro è il tribunale. In tribunale per lo stesso imputato che ha
fatto lo stesso reato quando c’è la discussione il giudice può
sentire i periti. Il perito psichiatra del pubblico ministero ha interesse
a far passare l’imputato per sano di mente, perché il P.M. vuole
la condanna. Il perito psichiatra dell’avvocato difensore che ha interesse
di far passar l’imputato per malto di mente, per evitare la condanna. Sbaglia
anche l’avvocato difensore. Comunque due psichiatri per la stessa persona
per lo stesso reato, danno due giudizi completamente opposti. Questo significa
che la psichiatria non è credibile, non ha nessun significato, però
purtroppo , con questi giudizi arbitrari si va a finire in manicomio o
in clinica psichiatrica. Passo ad un altro argomento. Quando ero a Imola
il direttore sanitario, Venturini, andava dicendo in giro che io ero pazzo,
ma non mi poteva rinchiudere. Il giudizio è anche in altri campi.
Ad esempio ci sono psicoanalisti e psichiatri che dicono che Hitler era
un pazzo, naturalmente non sono gli psichiatri di Hitler, quelli che gli
sono andati dietro, che hanno fatto quello che lui diceva. Hitler era stato
eletto, aveva dietro di sé milioni di persone, era stimato e seguito
da persone come Eisenberg (uno dei più grandi scienziati del 20°
secolo), e poi Heideger (uno dei più grandi filosofi del 20°
secolo) Furtwangler (che ha diretto l’orchestra fisarmonica di Berlino
fino in fondo) però chi è che dice che Hitler probabilmente
era pazzo? Quelli che non sono d’accordo con Hitler. Anch’io non sono d’accordo
con Hitler, naturalmente, ma dico che aveva un modo di pensare politico
che io non condivido e che era un modo di pensare politico che io combatterei.
Dire che Hitler è pazzo non si discute più. Se dico che Hitler
era pazzo non si capisce più nulla del nazismo.
S.M.: “ Mi sembra che Fromm nelle sue analisi su Hitler facesse riferimento
alle vicende personali di Hitler, ma volevo dire che in più di una
occasione lei ha affermato che anche la psicologia oltre alla psichiatria
non ha valenza perché si basa su un metodo storicistico di valutazione
della condizione umana, e quindi dei suoi problemi derivanti da un passato
storico ben determinabile nel senso di causa-effetto. A questo punto se
la psichiatria non è scienza, come abbiamo dimostrato, non lo è
nemmeno la psicologia.
G.A..: “Ma basterebbe vedere il fatto che sullo stesso problema ci
sono tante idee diverse. L’interpretazione psicoanalitica di Freud è
diversa da quella di Jung, quella di Jung è diversa da quella di
Fromm e poi c’era Reich. E poi ci sono tutte le scuole, i cognitivisti
e gli altri. Gli psicoanalisti della scuola di Freud litigavano gli uni
con gli altri e poi si davano di pazzo gli uni agli altri quando non andavano
d’accordo. La psicologia si basa sulla psichiatria. La psicologia fa sempre
la distinzione tra noemale e anormale come fa la psichiatria, è
un’ancella della psichiatria. Per cui uno studio dell’uomo deve essere
fatto su altre basi.
S.M.: “ Lo stesso Freud e anche Lacan dicevano che non ci devono essere
maestri, ma ci devono esser creazioni, formazioni,
G.A.: “ Questo può andare bene…
S.M.: “ E infatti, però il fatto è che tutte le scienze
sono soggettive. Il problema del come succede il forte disagio nel senso
della distruttività umana, di questo ci si interroga. Allora non
era Hitler, non poteva essere un uomo così potente, così
grande, così assolutamente capace di condizionare una intera nazione,
un intero periodo storico. E’ ovvio come dimostra Alice Miller, che rivede
l’infanzia di Hitler e analizza la pedagogia nera e vede che la violenza
sul bambino o la violenza della società o l’incapacità della
società di emancipare gli individui e quindi trattiene la violenza,
la crea e la genera, che produce un malessere così diffuso che allora
Hitler diventa il legittimo rappresentante di questa follia, di questa
folla di follia.
G.A.: “ Questo discorso è molto discutibile per il fatto che
dire che Hitler era così per il fatto che era stato picchiato da
bambino, dire questo è una semplificazione, che fa uscire fuori
dalla considerazione storica. L’antisemitismo, il conflitto tra popoli
è una cosa antica ed Hilter ha tutti questi aspetti che vano considerati.
Che poi lui da bambino fosse stato trattato più o meno bene questo
è un problema, ma non può essere una spiegazione storica.
S.M: “La tesi è che tutti i tedeschi e gran parte dell’Europa,
cioè il disagio di una società che ancora non si è
affacciata all’emancipazione dell’individuo crea una reazione di disagio
di questa natura, e alcune pedagogie la favoriscono e ne fanno l’apologia.
G.A.: “ Io dire che una società fondata sulla violenza e sull’omicidio
da Caino Abele fino ad ora….
S:M.: “ fino a Cristo cioè morire per amore non è una
grande pedagogia da insegnar ai bambini.
G.A.: “ Lasciamo andare Cristo, facciamo una cosa per volta non voglio
fare confusione. Io dicevo che il problema riguarda la nostra specie e
la nostra società. Se facciamo una considerazione di tutte le civiltà
si vede che noi, nonostante le etiche cioè i principi morali, e
nonostante i moralismi (etica e moralismo sono due cose diverse) continuiamo
a vivere con violenze reciproche e in questo ci rientrano anche i bambini,
nel senso che anche i bambini subiscono violenza. Però, il problema
è che la storia degli uomini, probabilmente, non so da quando, ma
diciamo dal neolitico in poi, è fatta di violenza, non pretendo
di dire una verità. Questo naturalmente si riferisce a tutto questo.
Io ad esempio, mi ricordo quando da bambino mi dicevano di essere buono,
ma c’era la guerra e vedevo gli aeroplani che bombardavano la città
e non capivo che nesso c’era tra l’insegnamento di mio padre e quello che
stava succedendo. Allora cerchiamo di non restringere. Chè i bambini
quando vengono sottoposti a violenza, questo sia negativo, su questo non
c’è discussione, però la violenza è un principio della
nostra civiltà fino a prova contraria. Leggevo di Amerigo Vespucci
che quando è arrivato in America ha incontrato delle popolazioni
che erano diverse da noi e racconta in una bella lettera che queste popolazioni
non hanno la proprietà, non hanno i confini eppure si ammazzavano
lo stesso. Allora, lui faceva dei ragionamenti, come quelli che spesso
si fanno, che le proprietà i confini le gerarchie portano violenza.
Givanni da Verazzano invece sbarcò tranquillamente in un’isola e
i cannibali lo presero lo fecero a pezzi e se lo mangiarono. Ecco questo
per dire che le culture, anche quelle diverse da noi, sono fondate sulla
violenza. Tutto questo merita una riflessione che deve essere di ampio
raggio, non che il bambino diventa violento perché è stato
picchiato. No, la nostra cultura è stata fondata sulla violenza
ed è tutta una catena.
S.M.: “ E’ vero che la violenza è sempre esistita ma è
anche vero che alcune cose l favoriscono in maniera estrema. Se io ad esempio,
educo mio figlio e gli dico devi stare attento alla fiamma del gas perché
ti fa male, però per spiegare queste cose gli prendo la manina e
gliela metto sul fuoco la incoerenza tra fine e mezzo, modo in cui gli
spiego le cose farà capire a mio figlio che dovrà guardarsi
da me e non dalla fiamma. Non posso dirgli che lo faccio a fin di bene.
G.A.: “ Certo
S.M.: “ Per la stessa cosa io non posso educare mio figlio ad essere
buono se gli dico che Gesù, il figlio, muore in croce per il bene
dell’umanità. Mors tua, vitae mea.Questa è una pedagogia
nera,una pedagogia che crea il masochismo come forma di identificazione….il
sadismo in fondo è del genitore. E’ chiaro che i figli, che hanno
un naturale disagio generazionale, hanno due possibilità: o sono
santi e poveri cristi e quindi si fanno del male, si suicidano quando stanno
male, oppure diventano demoni, diavoli e sono colpevolizzati come sono
i disgraziati, teppisti. Non hanno una via di mezzo su quale esprimere
in maniera creativa e socialmente accettabile il, forse naturale, disagio.
Quindi anche questa pedagogia genera, fomenta….dire che la morte santifica…
Il credente ha diritto di esserlo, ma in quanto assunzione di una pratica,
igiene distruttiva e che addirittura diseduca il figlio, lo fa nascere
con la colpa, ecco qui dovremmo avere più coraggio per proporre
un aspetto più umanamente evoluto. Non possiamo uccidere le menti
dei bambini. La prossima settimana ci sarà un convegno ad Abano,
con Andreoli e altri psichiatri insieme ad attori del teatro….
G.A.: “Però io voglio dire una cosa sola, la mente dei bambini
non è un problema psichiatrico.
E.N.: “ Tu dici : mettere al centro l’individuo e non la psichiatria
e non le strutture. Cosa vuoi dire, in sostanza, perché noi, in
trasmissione, da due anni, abbiamo detto sempre questo: Antonucci privilegia
l’uomo con tutte le sue difficoltà e contraddizioni…
G:A.: “Ma prima di essere, ammesso che sia, un discorso filosofico,
è un discorso molto pratico. Il discorso è che gli individui
hanno, abbiamo tante possibilità di sentire, appassionarci, comportarci,
pensare sia nel bene che nel male, naturalmente. E queste possibilità
devono essere giudicate non attraverso dei modelli, che non hanno nulla
a che vedere con la nostra umanità. Io dico questo perché
rovescio il discorso. Per la psichiatria l’individuo non conta niente nel
senso che non viene preso neanche in considerazione. E’ l’individuo che
mi trovo d’avanti quando devo evitare un internamento, ed è l’individuo
che mi trovo in camicia di forza e lo debbo slegare, aprirgli la porta
e cercare, insieme a lui, di trovare…
E.N.: “E’ vero che la psichiatria non guarda all’individuo ma al controllo,
però se è vero che la nostra è una società
violenta, ogni rapporto umano è rapporto di potere: nel lavoro tra
superiore e dipendente, in famiglia tra genitore e figlio, nella coppia
tra maschio e femmina e nella malattia tra paziente e medico. Che speranza
hanno i malati mentali, gli ultimi?
G.A.: “Per ora, hanno poca speranza, ma ne hanno poca anche gli altri.
Io ho cercato di lavorare, in questi 30 anni perché le avessero.
Di uscire fuori da queste condizioni che le è stata loro attribuita
e che potessero vivere individuo per individuo la loro vita secondo le
loro preferenze, il loro desideri, le loro passioni. Io sono d’accordo
con l’interpretazione che nella nostra società prevale il potere,
però non sono d’accordo che sia la spiegazione di tutto se nò
non sene potrebbe uscire. Io sono un appassionato di Macchiavelli, che
ha detto che le strutture di potere, e che continua ad essere attuale,
non sono fatte per fare il bene dei sudditi, ma sono lì solo per
mantenere questo potere e per proseguirlo. Io sono contro il potere, naturalmente,
e credo che ci sia la possibilità di uscire fuori da questa situazione.
Spero che ci sia anche se dura. Per cui dire che il potere è tutto
e in tutti i rapporti, vuol dire accettare le cose come sono.
E.N.: “No. In questo sistema…
G.A.: “ No. Il sistema è un’altra macchina. Non c’è il
sistema, ci sono milioni di uomini, alcuni in un modo, alcuni in un altro.
Tra questi uomini c’è Gandhi, c’è Hitler, c’è Tolstoy,
cè Gesù, c’è il dottor Swa itzer, cè Sadam
Hussein, ci sono persone pieni di slancio e di solidarietà e persone
che sono egoiste. Non c’è un sistema. C’è una moltitudine
di uomini.
M.P.: “ Ma l’antipsichiatria degli anni ’60 Laing, Cooper, non facevano
una critica nei confronti della società, dicevano che è il
sistema sociale violento, cioè la famiglia..
G.A.: “ Io sono d’accordo con la critica alla società, ma dico
che la società non è un sistema nel senso che se ne fa un
tutt’uno da cui non si può uscire, questo è un difetto. Cioè
non è un difetto solo di Cooper e di Laing era un difetto anche
dei movimenti politici. Per esempio venivano da me che mi affaticavo a
togliere camice di forza, le inferriate e i muri e mi dicevano: che cosa
lo fai a fare tanto il sistema riassorbe tutto.
S.M.: “ Credo che la società sia di per se stessa, in quanto
concetto, un qualcosa in movimento.
G.A.: “ In divenire certo, ma non è un sistema. Il sistema è
qualcosa di determinato. La società è un mare con tante onde
che può generare un’infinità di cose e nel futuro, per quello
si spera nel futuro perché c’è questa immensità. Io
adesso vedo la società come la vedeva Leone Tolstoy quando diceva
che non è Napoleone che ha fatto la storia, ma la moltitudine…
S.M.: “ Noi, io ed Emilio abbiamo fatto un parallelismo tra lei e Tolstoy
dicendo che magari Antonucci è riuscito a raggiungere un determinato
successo, con lo smantellamento non solo del manicomio ma anche dei lungodegenti
a Imola, è riuscito a guarire qualche persona, proprio per l’effetto
della sua personalità, come Tolstoy, a suo tempo, ha portato avanti
la cosiddetta anarchia pedagogica. Cioè a prescindere dalla sua
personalità e dal suo carisma, il suo può essere posto come
modello?
G.A. “Io non ho preso Tolstoy come modello, io ho preso il suo pensiero,
Guerra e Pace, il pensiero di Tolstoy sulla società. Un pensiero
aperto. Il discorso del sistema è derivato da un meccanismo che
è stato tremendo in questi anni perché ha fatto anche fallire
la trasformazione della società. Il fatto che ci siano delle premesse
e delle conseguenze necessarie questo non è vero. C’è l’imprevedibile.
S.M.: “ L’esigenza dell’ascoltatore sono altre. Disagio mancanza d’agio.
La vita che conduciamo, questa forte competitività che abbiamo,
la ricerca dei beni di lusso e di consumo tutto questo quanto influenza
nell’aumento del disagio? E’ stato detto che in Italia ci sono 10 milioni
di persone che sono attraversate dalle problematiche psichiatriche.
G:A.: “ Un modo fondato soltanto sui valori della borsa, sulla competizione
e accanto sul successo è un mondo micidiale, naturalmente. Le persone
giovanili che siccome non hanno né soldi né successo stanno
male. Il nostro mondo così com’è, è un mondo fatto
di una lotta ferocia di uni contro altri e poi di un insieme di ipocrisia.
Naturalmente, costruisce una serie di sofferenze perché ci sono
milioni di persone che devono assistere a queste competizioni senza farne
parte e quelle che ne fanno parte sono alla ricerca di qualcosa di vuoto
che poi stanno male anche loro.
S.M.: “La psichiatrizzazione della società.
G.A.: “ La psichiatrizzazione della società dipende… più
ci sono psichiatri più milioni ce ne saranno. Si trasforma una persona
che ha i suoi problemi in una persona che deve essere seguita dagli psichiatri
e questo è la psichiatria che lo fa. E’ un danno gravissimo, bisogna
stare attenti ho già detto all’inizio che cadere sotto la psichiatria
significa perdere la propria identità.
M.P.: “ Nel 1904 il professor Bianchi, l’ideatore della legge “su i
manicomi e gli alienati” alla domanda “Perché aumentano i pazzi?”
rispose “ Il complicato meccanismo della vita odierna (1904), il lavoro
per guadagnare sempre di più, l’accrescimento dei desideri e dei
bisogni, la intensificazione della lotta per la vita richiedono impegno
intellettivo superiore a quello di 30-50 anni fa, quindi aumenta il numero
di quelli che non ce la fanno. D’altra parte le società forti, civili
e intolleranti dello spettacolo della follia, che una volta conviveva spesso
inavvertita nelle case, eliminano per intrinseco potere elettivo molti
malati, che in società meno evolute convivevano con i sani.
G.A.: “Si ma voglio dire che nella storia della psichiatria si trovano
diversi che ogni tanto si rendono conto di queste cose e poi si contraddicono,
questo riguarda anche Pinel.
S.M.: “Io vorrei, ora, porre un altro problema, perché la domanda
filosofica che l’uomo della strada si pone è “ma allora l’uomo è
fondamentalmente cattivo?”: Io avevo trovato una specie di sintesi per
cercare di spiegare. Secondo me l’uomo non è fondamentalmente cattivo
ma è fondamentalmente buono in quanto nasce e si rifiuta di morire,
allora non può che tendere verso un qualcosa che non sia la morte
ed è la vita.Però lo stato di cattività, sia l’uomo
che la bestia, sono buoni se vengono trattati con rispetto, amati e socializzati
sufficientemente in modo che possano riprodursi. Sia uomini che bestie
diventano cattivi se nascono in uno stato di cattività, vengono
tenuti in guinzaglio non vengono rispettati, vengono aggrediti e se non
hanno la possibilità di riprodursi. Il padre in quanto altro diverso
dall’identità della madre apre e fonda lo spazio sociale. E’ questa
la differenza sessuale. Forse noi dovremmo imparare a prenderci la responsabilità
di intervenire politicamente e socialmente, pedagogicamente in un modo
da chiarire che cosa è la differenza sessuale, che cosa è
l’educazione e il rispetto verso i figli, come si può amare, e come
si può liberare.
G.A.: “ Si, ripeto che quando si esce fuori dal modo di considerare
psichiatrico si parla di problemi filosofici, ci possono essere molti punti
di vista e molte discussioni, tutte però che sono staccate da questa
falsificazione dell’uomo che è propria della psichiatria. A me è
questo che mi interessa. Per quanto riguarda la situazione attuale c’è
una contraddizione oggettiva: da una parte, specialmente la madre che è
più vicina, in generale, non voglio fare una regola, però
i genitori vedono sorgere un nuovo individuo, con nuove possibilità,
con un'altra personalità che non c’è mai stata, che inventa
delle cose, dall’altra ci sono i vicini, la scuola, l’autorità,
che dicono che quel bambino deve comportarsi in un modo invece che in un
altro. Ora poi succede che i bambini che piangono la notte che danno noia
ai vicini sono sottoposti a psicofarmaci.Per cui il problema è che
intuitivamente, a volte non sempre, i genitori sentono qual è la
novità, la nascita di un figlio, che è uno che non è
mai esistito prima. Per fare un esempio illustre Leopoldo Mozart è
riuscito a tirar su suo figlio, in mezzo a tante contraddizioni, senza
soffocarne le qualità creative nonostante avesse d’intorno una repressione
terribile. E’ stato, in questo senso qui un padre eccellente, ma c’è
qualcosa di più, perché si trattava tra l’altro il prorompere
di una personalità unica. I genitori sono tra la novità di
questi nuovi individui e le faccende sociali politiche e di ordine. Il
fatto che ora un bambino che non sta attento a scuola e che non sta attento
alla maestra, si distrae viene considerato un malato di mente e sottoposto
a psicofarmaci: cosa gravissima primo perché il bambino viene distrutto
nella sua spontaneità, secondo perché viene distrutto nel
suo fisico.
Ospite: “ Io voglio raccontare di come la psichiatria ha preso di mira
la scuola. Voglio raccontare un episodio. L’anno scorso un’associazione
del Comitato Dei Cittadini per la Difesa dei Diritti dell’Uomo, mi ha portato
una circolare del primario della psichiatria di Rovigo, dove figurava un
corso per insegnanti per riconoscere vari disturbi mentali, citava i disturbi
dell’adattamento, disturbo del comportamento alimentare e altri. Erano
insegnanti della scuola superiore di Rovigo che con questo corso venivano
preparati a riconoscere questi sintomi per intervenire insieme agli operatori
del DSM (manuale diagnostico psichiatrico) sugli studenti.
E.N.: “ Cioè i bambini che hanno l’argento vivo addosso.
G.A.: “Il bambino che ha l’argento vivo addosso è un bambino
sano, il bambino se incomincia ad essere calmo e sottomesso è segno
che c’è qualcosa che non funziona, a livello fisico. Il bambino
per crescere deve essere dinamico e poi pretendere, anche gli insegnanti
se fossero meno noiosi, forse i bambini sarebbero più attenti. Dire
che la disattenzione, la distrazione è una malattia, insomma che
leggano Pinocchio, che è un capolavoro universale perché
ha descritto com’è la psicologia infantile. E purtroppo ad un certo
punto Pinocchio finisce di essere…. Quando diventa un bambino finisce di
essere bambino e diventa un adulto.
S.M.: “ Pinocchio è una favola nata dalla necessità di
Collodi, a cui non andava bene l’educazione che veniva data ai bambini.
Voleva far rinascere dal legno un bambino figlio di un falegname, poi ha
messo altre metafore: l’orto degli Ulivi cioè il campo dei Miracoli,
le monete d’oro cioè i 30 denari, il Gatto e la Volpe cioè
i 2 ladroni, il Grillo Parlante cioè la sua coscienza che però
rimane schiacciato con un martello. E’ quindi una metafora anche cristiana.
Qualcosa ha spaventato i bambini di tutte le generazioni.
G.A.: “ Si ma Pinocchio è anche tante altre cose.
S.M.: “ E’ interessante che questa favola sia diventata famosa in tutto
il mondo, no perché sia bravo l’autore, no perché sia bella
la favola, ma forse perché fa il calco in negativo del cristianesimo.
G.A.: “ Si io rivendico il fatto che sia una bella favola e che sia
stato bravo l’autore. E’ un capolavoro.
S.M.: “Si è un capolavoro ma ha un significato che stimola un’angoscia,
una paura profonda e la soddisfa con una rivendicazione di libertà,
di emancipazione. Anche se ha una morale un po’ passata.. però diventa
un bambino in carne ed ossa ed è lui che salva la famiglia. Non
è la famiglia che salva il bambino, ma è il bambino che salva
la famiglia.
E.N.: “ Antonucci, tu conosci la realtà psichiatrica di Padova,
la nostra città. Noi qui abbiamo quattro servizi psichiatrici, una
clinica dell’università, abbiamo avuto negli ultimi trenta anni,
credo 60-70 mila studenti di psicologia che hanno portato un contributo
molto grosso con dibattiti e tavole rotonde. E solo da dieci anni su forti
insistenza delle forze del volontariato in psichiatria ci sono state delle
tiepide aperture. Nonostante questo grosso afflusso di esperienza, qua
c’è ancora un muro. A differenza di come abbiamo fatto trenta anni
fa quando abbiamo fatto l’esperienza di Trieste come volontari eravamo
studenti di psicologia io e Massimo, e là abbiamo dato anche noi
una grossa mano a rompere quel muro. Invece a Padova nonostante questo
ci sono grosse difficoltà, perché chi dirige la psichiatria
padovana fa capo alla clinica psichiatrica dell’università e c’è
una chiusura totale. Qua a Padova avremmo grosse potenzialità ma
c’è ancora una psichiatria all’anno zero rispetto alle altre città.
G.A.: “Non so rispetto a quali città. Tu ti riferisci a qualcosa
che è successo nel passato (Perugina, Trieste, Reggio Emilia).
S.M.: “ Questa città fa difficoltà ad aprirsi su tutti
i campi. Per una dislocazione geografica in un area del Nord-Est che ha
avuto tutte le invasioni e non hanno difese naturali c’è una impostazione
alla gregarietà (nessuno deve evolvesi) e in più c’è
la diffidenza. Il luogo comune di gente che ha dovuto mantenere l’identità
e il territorio in condizioni difficili.
G.A.: “ Comunque Franco Basaglia era veneziano e ha lavorato a Gorizia,
io ho lavorato con lui a Gorizia, e anche a Trieste.
E.N.: “ Però dovette scappare da Padova.
G.A.: “Io non sono in grado di parlare di Padova perché non
ho vissuto e non ho lavorato in questa città. Volevo dire che la
realtà per quanto riguarda la psichiatria è molto brutta
da tutte le parti, ora. Naturalmente mi scuso se c’è qualche situazione
che non conosco perché a volte ci sono dei punti di forza che non
sono conosciuti. Però quello che conosco, per quello che io so e
che ho visto grandi differenze non ne trovo.
M.P.: “ Voglio introdurre un argomento di interesse generale, quello
sugli psicofarmaci. Leggo due righe: “Nel mondo globalizzato e deregolamentato
le sostanze psicoattive non saranno irrinunciabili solo come genere voluttuario
ma anche come strumento del controllo sociale. Nell’età fordista
stupefacenti quali alcool, tabacco, oppio e poi psicofarmaci hanno sempre
avuto un doppio valore d’uso.Ora nel rivolgimento post-industriale il tentare
una prognosi sul significato futuro delle sostanze psicoattive è
legittimo.
Radioascoltatore: “Sono un depresso, ho usato e uso psicofarmaci a
base di serotonina. Non ho ottenuto risultato, ho ottenuto risultati solo
quando il motivo che ha causato la depressione si è o ho creduto
che si sia dileguato.
G.A.: “ Ecco ha già risposto da sé. Mi dispiace, perché
con questa persona dovrei parlare direttamente perché queste sono
cose personali, importanti.
S.M.: “Nel 2000 sono stati spesi 1000 miliardi per gli psicofarmaci.
G.A.: “ Comunque questo signore ha detto due cose importanti: non sono
le medicine che hanno cambiato la situazione, ma la situazione cambiava
se diminuiva la causa che ha provocato la depressione. In altre parole
ha detto “io ho dei motivi per la mia tristezza, se questi motivi non se
ne vanno la mia tristezza continua anche se prendo gli psicofarmaci.” Il
fatto è che ci sono dei motivi che ci rendono tristi e ci fanno
vedere la vita in maniera negativa e si perde il significato bisogna che
cambi qualcosa nella nostra vita perché non ci sono né medicine
né altro che possano portare ad un rimedio. Sono gli psichiatri
che promettono, falsamente, di dare dei rimedi che sono al di fuori della
vita concreta della persona. Se io sono triste perché ho perduto
una persona cara è chiaro che non posso rimediare questo prendendo
una pasticca. La malinconia o mancanza di voglia di vivere è dovuta
alle vicende della vita e in rapporto a queste si può ritrovare
l’entusiasmo di vivere no prendendo delle medicine e intossicare il proprio
cervello con la chimica degli psichiatri. Gli inventori dei primi psicofarmaci
hanno detto loro stessi che avevano sbagliato, non servivano a niente,andavano
eliminati come del resto Cerletti, che ha inventato l’elettroschock e disse
che non andava fatto. Lo psicofarmaco è una sostanza psicotropa,
cioè che ha una particolare affinità per le cellule nervose,
sostanza che intossica il cervello. Intossicare il cervello e questo non
serve certo a farlo funzionare meglio, poi intossica tutto l’organismo.
Infatti le persone che prendono grandi quantità di psicofarmaci
hanno un decadimento fisico. Avvelenarsi non serve a risolvere nessun problema.
C’è un vecchio detto che quando uno sta male da un punto di vista
psicologico, o è malato di mente da un punto di vista psichiatrico
o è pazzo secondo il vecchio detto, ha uno stato di cui non si rende
conto. Ma dire che una persona triste o depressa non si renda conto di
questo è falso. Una persona è triste proprio perché
si rende conto di un sacco di cose, tanto che gli fanno l’elettroschock
così poi dimentica una buona parte di queste cose e apparentemente
è meno depresso. La malinconia è il riflettere sulla condizione
umana, non è una malattia. Tra l’altro il termine depressione non
significa nulla. Se io sono triste per rimediare alla mia tristezza bisogna
che, attraverso l’esperienza della vita, mi costruisca qualcosa che diminuisce
la tristezza, ma no gli psicofarmaci. Ma se io ad un certo punto voglio
uccidermi non ci deve essere nessun psichiatra o legislatore che dica quello
che devo fare. Se una persona è triste ha bisogno di esperienza,
di amicizia, di amore, di affetti, di significati. Una persona che riflette
malinconicamente su i problemi della propria esistenza può cercare
di costruire cose nuove, nuove possibilità, nuovi significati, nuovi
entusiasmi o d’altra parte distrarsi. Sono due possibilità migliori
che prendere un tossico che avvelena il cervello. Però più
che altro quando la causa della malinconia diminuisce si sta meglio. Cercare
di trovare sempre nuovi significati in modo tale che se alcuni se ne sono
perduti, c’è ne sono degli altri, e questo dà la possibilità
di vivere. Come diceva Leopardi non è il dolore che distrugge gli
uomini, ma il dolore senza significati.
M.P.: “Come si fa ad eliminare la causa della depressione?
G.A.: “Bisogna cercarla la possibilità altrimenti dare una falsa
soluzione è peggiorare la situazione.
M.P.: “Siamo d’accordo. Prendiamo un caso concreto. Un uomo di 40 anni
sposato è stato diagnosticato schizofrenico, da 20 anni porta avanti
questo problema con conseguente terapia farmacologia. Il suo corpo è
mutato, però il problema non è stato risolto. Nel momento
in cui smette di prendere psicofarmaci fa forte volontà di suicidio
G.A.: “No il problema non è che non è stato risolto,
ma il problema è stato falsificato. Innanzitutto cosa vuol dire
schizofrenico. Se io ho dei conflitti
M.P.: “Io posso usare termini diversi
G.A.: “Non è questione di nome ma di svalutazione di una persona.
Perché se io dico che una persona è un cittadino del Marocco,
questo corrisponde al fatto che è un cittadino che abita quella
regione, che possiede quella carta d’identità. Ma se io dico un
negro, questo è dispregiativo Il discorso è uguale se io
dico schizofrenico. Per cui se dico che uno ha dei problemi con la propria
identità è una cosa ma se dico che è uno schizofrenico
è come dire l’ebreo, non intendendo quello che è cittadino
d’ Israele ma intendendo uno che è difettoso.
S.M.: “Uno è ammalato quando non è se stesso e non c’è
nulla, nessun significato e nessuna relazione che lo definisca
G.A.: “Non è che uno è ammalato. Quando uno perde significato
della vita non è ammalato. E’ un’altra cosa.
S.M.: “La persona che ha un forte disagio, malessere va dal medico
e chiede in fondo attenzione, una relazione e una definizione “mi dica
che cosa ho” anche con una diagnosi, una parola magica “farmacia”. Se qualcuno
mi dice chi sono, che cosa ho forse poi sto meglio, ma in realtà
quello che cercano è una relazione. Se non ha relazioni che funzionano
con il suo ambiente, almeno ce l’ha con uno che è pagato per questo,
per avere relazioni che mi definiscono.
G.A.: “ Se la relazione è basata sul fatto che uno è
considerato con un cervello difettoso, perché è questo che
significa malato di mente. Un concetto che è stato applicato arbitrariamente
perché non c’è alcun difetto nel cervello. Non c’è
niente di neurologico nonostante tutte le balle che raccontano. Ogni tanto
viene fuori che i neri hanno il sistema genetico diverso dai bianchi per
dire che sono inferiori, come per quelli che loro chiamano malati di mente
che hanno qualcosa di genetico per dire che sono inferiori. Ma un uomo,
si torna all’individuo, non è una macchinetta che funziona
bene, un uomo è una ricchezza infinita di sensazioni, passioni,
immaginazioni, fantasie, conflitti, disperazione ed è un uomo non
è un malato. L’uomo è vasto, “è l’uomo troppo vasto-
diceva Dostoevskij- io lo farei più ristretto”. Loro invece qualsiasi
problema uno ha dicono “vedi ha un difetto”. Allora andiamo all’estrema
conseguenza di quello che dicono loro, il sano di mente è morto,
morto perché non ha più alcun problema. Qualunque problema
che uno abbia oppure anche problemi che non abbia,perché ad esempio
i bambini che sono vivaci non hanno problemi, ma glieli mettono loro. Allora
non solo tutti i problemi che abbiamo vengono trasformati in un difetto
del cervello, vedi malattie mentali, ma anche quelli che non abbiamo.Per
cui loro vedono il mondo in questo modo, ma non a caso. Hanno un potere
che deve essere tolto. Un medico ha il potere di decidere di prendere una
persona da un momento all’altro. Di farla internare. E’ un è potere
spaventoso che deve essere tolto. Noi cittadini tutti, a seconda della
condizione sociale, siamo minacciati da questi qui che vengono, fanno una
diagnosi che ci rovina per tutta la vita, diagnosi che non significa assolutamente
niente. Significa però qualcosa di dispregiativo, perché
se io dico schizofrenico nessuno mi sa dire in positivo cosa significa.
Anche i politici si danno di schizofrenico l’un l’altro quando si vogliono
squalificare.
S.M:: “Esiste talmente tanto poco la psichiatria che un Bossi può
dire le cose più assurde senza che nessuno lo denunci, lo psichiatrizzi
G.A.: “Meno male, nessuno deve passare dallo psichiatra. Ora Fini e
Bossi sono insieme ma quando non erano insieme Fini e quelli di A.N. insinuarono
che Bossi fosse un malato di mente, per squalificarlo
S.M.: “Dentro un gioco politico
G.A.: “Ma non è un gioco. Bossi è un argomento poco interessante.
Interessante è il fatto che lo psichiatra può squalificare
qualsiasi persona con qualsiasi pretesto. E questo è una cosa tragica.
I manicomi nascono da questo
S.P.. “Si ma se non lo fa lo psichiatra lo fa la polizia, la magistratura.
L’aspetto dell’intolleranza ha i suoi strumenti per la repressione.
G.A.: “Non non mescoliamo, certo che c’è la polizia. La magistratura
quando vuole squalificare il pensiero di una persona si rivolge allo psichiatra.
S.M.. “ Ma è lo stesso con la mafia, con la droga nelle discoteche
che è un controllo su i giovani
G.A.: “ Lei fa filosofia su tutto, io sono qua…
S.M.: “Certo lei è uno psichiatra, parla di psichiatria giustamente
G.A.: “Non anzi mi ripugna a occuparmi di psichiatria Io sto parlando
dei pericoli della psichiatria.
E.N.: “Antonucci non solo non è uno psichiatrica ma è
stato critico anche rispetto all’antipsichiatria. Il suo filone di pensiero
è la non psichiatria
G.A.: “Il mio discorso è molto semplice, la psichiatria non
ha nessun significato se non un significato dispregiativo nei riguardi
della persona, è dannosa come il razzismo
Ascoltatore: “ Io volevo sapere il ruolo del litio nella depressione.
Io ho mia sorella che era caduta in depressione, aveva astemia psicomotoria,
ideazione triste e cupa, somatizzava a livello intestinale. Con il litio
mia sorella si è completamente normalizzata, prende due compressine
di litio. Ha vinto l’astemia che prima la possedeva, non riusciva ad alzare
una sedia, ha vinto la tristezza, malinconia e fa una vita praticamente
normale. Volevo sapere ancora il ruolo dei neurotrasmettotori nella biochimica
cerebrale (acetilcolina, serotonina ecc) perché nella depressione,
non parlo della schizofrenia che è un discorso completamente diverso,
parlo di individui che sono stati normali per diversi anni e che poi per
una causa luttuosa o professionale o in pensione sono caduti in depressione.
Tanti farmaci non risolvono il problema, io sono un medico ma voglio sapere
dal collega la funzione dei neurotrasmettotori nella biochimica ceerebrale
e soprattutto quella dei sali di litio che in realtà risolvono il
problema perché se mia sorella smette di prendere il litio nel giro
di ¾ giorni immancabilmente cade in uno stato depressivo. Grazie.
G.A.: “Il litio è un sale che dato in grosse quantità
o per lungo tempo è anche tossico per i reni. Non risulta che modifica
la persona nel senso che diceva il collega. Però io non conosco
sua sorella, non posso giudicare. Posso dire che il problema di una persona
è triste e ha pensieri oscuri non è il problema di avere
più o meno litio è il problema di avere una vita più
o meno ricca di significato. Noi, come ho detto prima, non siamo delle
macchinette delle cavie. Certamente se io sono triste e prendo un bicchierino
di alcool in quel momento può darsi che la mia tristezza la sento
meno. Questo è l’effetto droga che è anche l’effetto del
litio e di tutti gli altri psicofarmaci. Cambiare una persona con la chimica,
momentaneamente perché la struttura della vita non cambia.Per i
neurutasmettitori, io so bene come il collega che il nostro cervello ha
neurotrasmettitori. Tra l’altro la loro ricchezza va al di là delle
capacità di ricerca che abbiamo ora.Dico solo che è chiaro
che mentre io sono allegro e vado al night ho il cervello che funziona
un po’ diversamente da quando sono triste e vado al funerale. Questo dipende
anche dalla chimica del cervello. Ma il problema di essere tristi o allegri
dipende dall’avere delle opportunità di gioia nella vita o avere
dei dolori e delle cose che fanno disperare. Se io sono disperato perché
mi è morta una persona,forse i miei enzimi cerebrali in quel momento
funzionano diversamente certo, il dolore è diverso dalla gioia,
ma tutto questo è fisiologico. E’ inutile inventarsi delle malattie
per poi far finta di curarle, drogando le persone.
S.M.: “ Molta gente delega perché forse pensa che dover pensare
a se stressa, prendersi la responsabilità di capire di affrontare
la propria vita di cambiare le relazioni significative che fanno soffrire
o che potrebbero creare nuove opportunità, tutto questo è
difficile non ce l’hanno insegnato
G.A.: “Si la rinuncia alle proprie responsabilità. Ma ad esempio
uno si sente fallito e allora lo psichiatra fa la diagnosi e quello dice:
“Ecco vedi se io non avessi avuto la malattia, chi sa, sarei stato un buon
musicista e invece non lo sono” E in realtà non è un buon
musicista.
E.N.: “ Ci avviamo al termine della trasmissione.
S.P.: “Si delega alla psichiatria come panacea per risolvere tutti
i mali
G.A.: “ Il fatto è che la psichiatria non può risolvere
il male, la psichiatria distrugge. Magari uno può delegare al mago
che le dà, con la magia, dei momenti di illusione e la persona sta
meglio. Ma la psichiatria fa male. Il litio distrugge i reni.
Ascoltatrice: “ Una domanda sola. Quando una capisce tutto quello che
avete detto e quando capisce che la sua vita non va, non riesce a cambiarla
cos deve fare?
G.A.: “Io questa risposta non la posso dare, non ho il potere di dire
come si fa a cambiare una vita. Posso dire quelle che sono le false prospettive.
Tutti noi abbiamo una vita che in certi momenti può diventare disperata
e questo non può essere certo risolto dalla psichiatria. Anzi dallo
psichiatra la persona si svaluta e si mette in condizioni ancora peggiori.
Dare una risposta a che fare in una vita che si sente fallita e non si
riesce a cambiare. E’ falso far pensare che ci può essere chi dà
queste risposte. Noi siamo da soli di fronte alla nostra vita e dobbiamo
affrontarla e non dobbiamo rivolgerci a persone che ci danno false prospettive.
M.P.: “Ultima domanda, lei spero si è occupato di psichiatria
e diritto penale. Può dirci una parola su quest’argomento.
G.A.: “Si ritorna al discorso che questi casi tragici… Costantino,
così importante per il cristianesimo ha ammazzato la madre, il figlio
e altri. Caino ammazza Abele, cominci lì la bibbia, l’omicidio fa
parte della vita. Se c’è un omicidio c’è un problema giuridico.
Il problema giuridico deve essere indipendente da qualsiasi falsificazione
psichiatrica.
Altri materiali su Giorgio Antonucci in questo sito:
- intervista di Dacia Maraini a Giorgio Antonucci (Imola 1978/da Repubblica)
- recensione del libro di Giorgio Antonucci "LE LEZIONI DELLA MIA VITA - La medicina, la psichiatria, le istituzioni" (Spirali 1999)
- alternative secondo Giorgio Antonucci agli attuali servizi di Salute Mentale e Reparti ospedalieriUNA ALTERNATIVA AUSPICABILE-POSSIBILE SECONDO DALIERI"
NO ! PAZZIA NOTIZIE
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