“L’inganno
maggiore di questo sistema sta nel credere che un TSO duri in fondo
solo sette giorni, o quattordici nel caso peggiore; e nel pensare che,
sì, in effetti è un sequestro di persona legalizzato, ma in fondo, che
cosa sono pochi giorni in confronto ai decenni in cui la gente veniva
rinchiusa in manicomio prima della 180? La verità, mia cara, è che il
Trattamento Sanitario Obbligatorio implica una coatta presa in carico
della persona da parte dei Servizi di salute mentale del territorio che
può durare per decenni. Una volta entrato in questo meccanismo
infernale, una volta bollato con l’infamia della malattia mentale, il
paziente vi rimane invischiato a vita, costretto a continue visite
psichiatriche e soprattutto, a trattamenti con farmaci che lo rendono un
manicomio ambulante”. Queste parole, che la Signora Saggia scambia con
l’autrice, denunciano con chiarezza le implicazioni sociali del giudizio
psichiatrico nell’Italia di oggi. E invitano tutti noi a riflettere,
mentre percorriamo con l’autrice gli ambienti del reparto psichiatrico
di un qualunque ospedale di provincia.
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