Edelweiss Cotti, Giorgio Antonucci e altri, davanti al reparto neurologico di Cividale del Friuli, chiamato Centro di Relazioni Umane, nel 1968. (PUBBLICATA SU: VIE NUOVE, ANNO XXIII, 29 AGOSTO 1968) |
Intervento del prof. Edelweiss Cotti
Occuparsi di psichiatria oggi, in Italia, col Paese messo com'è, ma
anche il resto del mondo non è messo molto meglio, sembra quasi
un'azione superflua, un lusso sfrenato. Non passa giorno che non
accadano cose incredibili!
Forse la pazzia sta dilagando dappertutto! E si potrebbe considerare che
è tempo perso cercare di porvi rimedio. Ma il problema comunque va
affrontato, perché si tratta di questioni vitali, con la psichiatria
abbiamo a che fare con delle vere e proprie condanne a morte, condanne a
morte civile per quelli ai quali viene affibbiata l'etichetta di malato
di mente. Una tale persona rischiava poco fa la morte civile ed ora,
poco ci manca, ma molto poco.
Szasz nel suo intervento, ma soprattutto nei suoi scritti, ha dimostrato
che la malattia mentale è un mito. Occuparsi di psichiatria vuol dire
avere un rapporto col prossimo che ti chiede aiuto avendoti individuato
come psichiatra. Tale richiesta di aiuto mette in condizione lo
psichiatra avvertito di rendersi sempre conto che si ha a che fare con
persone normali, persone normali che reagiscono in modo poco producente
perché hanno una storia particolare. Questa storia, se ci prendiamo la
briga di affrontarla dalla parte dell'interessato, ci fa capire che noi
nei loro panni, con la loro storia, ci comporteremmo come loro;
probabilmente peggio di loro. Sono storie in cui prevale sempre la
paura, la sfiducia. Sono storie dalle quali ci si rende conto che non è
mai comparso un atteggiamento fiducioso nei loro confronti. Per esempio:
la mamma tranquilla e serena che allatta il bambino senza tanti
spostamenti bruschi, senza staccarlo continuamente da un seno all'altro,
certamente fa fare al proprio figlio delle esperienze diverse da quelle
di un'altra madre nervosa, che lo attacca al seno, lo stacca, fa dei
rumori, lo sposta continuamente, gli interrompe la poppata prima del
tempo.
Anche il primo giorno di vita può essere bello o brutto, a seconda di ciò che si riceve.
Molti sostengono, ed anch'io con loro, che quando si nasce si sia come
un libro bianco sul quale per un certo tempo, per molto tempo, scrivono
gli altri, quelli che ci allevano e quelli con i quali siamo in contatto
negli anni della nostra infanzia. Giorno per giorno questo libro si
riempie delle esperienze che ci hanno fatto fare e se queste esperienze
hanno dato paura o sfiducia, in noi cresceranno la paura e la sfiducia.
Sappiamo tutti che c'è una notevole differenza tra una persona che ha
paura e una persona che ne ha meno, o una persona che non ne ha o una
persona che ha fiducia, o una persona che ha molta fiducia; c'è fra
queste persone una differenza enorme nella possibilità di affrontare la
vita.
Quelli che sono cresciuti in un ambiente in cui la paura e la sfiducia
dominavano, pian piano cominciano a percorrere una strada quasi
obbligata che diventa destino infame quando un brutto giorno arriva il
medico.
Le cose si svolgono più o meno così: ma... ha cambiato atteggiamento...
non è più lui... ma... si comporta in un certo modo... bisognerà
chiamare il medico!
Oramai tutti oggi hanno il concetto della malattia mentale in testa;
quindi tutti sanno che: avrà per lo meno, l'esaurimento, se non proprio
la malattia mentale. Allora compare il medico, il quale conferma. Magari
conferma la diagnosi di esaurimento nervoso e quindi introduce, poco
alla volta, gli psicofarmaci; introdurre gli psicofarmaci è il passo,
direi definitivo, perché è poi difficile liberarsi da uno strumento che
non è dimostrato abbia alcuna azione terapeutica e che crea dipendenza.
È noto che gli psicofarmaci hanno azione sedativa o stimolante, non
molto di più. Nel nostro caso si ha a che fare con persone che hanno
paura di non essere capaci, di essere inferiori agli altri, di non
potere per queste loro condizioni, affrontare la vita in un modo
produttivo, in lotta continua come siamo abituati a credere si debba
affrontare la vita, sempre in gara più o meno violenta.
Si passa poi, visto che il problema con la cura di psicofarmaci blandi
non si risolve, alle proposte di ricovero - alle proposte di terapie più
importanti - al ricovero coatto, perché dopo i primi ricoveri è
difficile che uno accetti i successivi e alla fine fino alla morte
civile.
E quanti sono purtroppo quelli che alla fine hanno avuto questo destino...
Nell'ospedale che dirigo, oggi ci sono rimasti 580 ricoverati, erano
1.600! Essi sono dei veri e propri morti civili, senza più alcuna
speranza se non quella di essere lasciati in pace nella loro miseria più
sopportabile di quella del passato.
Ma come mai questa evoluzione così terribile, quasi matematica? Entra in
campo la psichiatria e tutto precipita. Naturalmente ci sono le
eccezioni, si capisce, ma in media il processo, l'evoluzione, anzi la
degenerazione è quella.
Il fatto è che noi facciamo il nostro lavoro con delle persone che hanno
paura, e con la nostra mania di fare la diagnosi, di classificare,
stigmatizzata anche da altri, non facciamo altro che dare delle
etichette di malattia senza essere capaci poi di mettervi rimedio,
arrivando così a fare degli ospedali psichiatrici... con i ricoverati a
vita, il monumento alla nostra ignoranza.
Negli ospedali ci sono delle persone che sono in Ospedale da 10, 30, 50,
60 anni, le quali, nonostante non abbiano più manifestazioni clamorose,
vengono lo stesso classificate come "malati mentali", in assenza di manifestazioni patologiche.
Tanto per non cambiare sistema, debbono rimanere casi da curare, non si
cambia parere quindi, sono malati, debbono rimanere malati, rimarranno
comunque malati, non c'è verso di uscirne.
Con questo nostro modo di operare abbiamo seminato paura, abbiamo
inoculato paura, continuiamo a seminarne a piene mani ancora oggi. Il
ricovero all'Ospedale Civile per esempio, giustifica già di per sé il
concettodi malattia, la medicalizzazione della psichiatria, per di più
oggi esiste anche il pericolo della psichiatrizzazione del territorio e
c'è il rischio di psichiatrizzare tutto.
Rischi che sono veri, che non sono uno scherzo, che possono portare il
paese ad un esercito di cittadini controllati dalla psichiatria, e
questi rischi io credo che ci saranno sempre finché non sarà stato
distrutto il concetto di malattia mentale. Con l'esperienza che si è
fatta, con i risultati che si sono visti, è indispensabile superare il
concetto di "malattia mentale" e sarebbe assurdo e colpevole non farlo!
Dare ostracismo alla psichiatria: la psichiatria di per sé non ha
ragione di sussistere perché si ha a che fare con problemi diversi di
volta in volta, sociali, morali, al limite anche politici, ma mai
problemi medici. A tutti i costi bisogna portare avanti il "Delenda
Cartago" della psichiatria.
La psichiatria con i risultati che ha avuto non è più credibile e
d'altra parte, se la malattia mentale è un mito, un'etichetta
strategica, un insulto al buon senso, la scomparsa della psichiatria ne è
una logica conseguenza.
La medicina può dare fiducia solo se può contare su dei risultati
positivi o se può contare su un numero di risultati positivi decisamente
maggiore dei risultati negativi. Ma la psichiatria non da‘ dei
risultati positivi, oppure i risultati positivi sono molto inferiori ai
risultati negativi. Essa tenta di ottenerli con il suo scimmiottare la
medicina, ma i risultati sono scarsi, infimi, quindi, ancora una volta,
la psichiatria non da‘ fiducia e di conseguenza non può aiutare, quindi
non potrà mai risolvere i problemi che ha davanti, che le vengono
proposti da chi purtroppo crede ancora in lei.
Certo che parlare in questo modo si rischia di provocare situazioni
molto delicate anche con chi viene a chiederti aiuto, perché chi si
sente dire: «Non sei malato, hai dei problemi di vita, hai
delledifficoltà legate alla tua storia», fa presto a dire: «Ma allora se
non sono malato, di conseguenza non posso guarire, quindi rimarrò
sempre così!»
Ma il ragionamento può e deve essere diverso: non è che noi siamo fatti
così e restiamo immobili come siamo oggi, noi siamo invece un continuo
divenire. Ieri eravamo l'esperienza dei giorni prima, eravamo
condizionati dalle nostre esperienze dei giorni precedenti, più
l'esperienza di ieri. Oggi abbiamo l'esperienza dei giorni passati più
l'esperienza di oggi e così domani. Saremo sempre con qualcosa in più
del giorno prima, finché avremo in più l'esperienza del giorno
trascorso.
Questo fa pensare e credere che le persone si possono modificare,
possono cambiare rotta, possono essere aiutate a farlo; ciò attualmente
non è semplice, anzi ciò esige un grosso impegno, ma la possibilità di
modificarsi c'è.
Per modificare la situazione Italiana abbiamo oggi, ormai da quasi due
anni, una nuova legge, la tanto desiderata legge 180, diventata poi
parte della riforma sanitaria come legge 833.
Questa legge certamente come legge in sé e per sé è unpasso avanti. Però
è un passo avanti solo se viene gestita in un certo modo, come d'altra
parte accade per tutte le leggi. Sicuramente essa ha decretato la fine
dei manicomi, i quali però possono risorgere in un altro modo, in
manicomi molto più piccoli, micromanicomi, con essa per esempio, si può
ottenere la psichiatrizzazione generale del territorio, un pericolo che
anche il prof. Szasz ha puntualizzato. Attenzione, egli dice, che questa
psichiatria invade tutto e cita che c'è qualcuno che sostiene, negli
Stati Uniti, che tutto deve passare sotto la psichiatria.
Comunque questa legge permette di eliminare i manicomi e in più stimola a
costruire, non solo nel senso materiale di costruire delle costruzioni,
ma costruire dei modi, inventare dei modi, per evitare il ricovero
coatto.
Quindi dimostra che crede nella possibilità di evitare i trattamenti
sanitari obbligatori (TSO). Uno dei motivi per cui si deve essere
sottoposti al TSO è che manchino nel territorio strutture idonee ad
evitare il ricovero stesso. La legge parla chiaro: se ricoverate una
persona è perché nel vostro territorio manca qualcosa che eviti il
ricovero, quindi se ricoverate è perché non siete ancora stati capaci di
creare qualcosa che ve lo possa evitare. Ciò se uno lo sente
rappresenta uno stimolo continuo, ma abbiamo purtroppo esempi che
dimostrano che questa capacità di sentire non è molto diffusa.
Ritornando per un momento ai manicomi abbiamo visto che in forza della
nuova legge, anche se oggi esistono ancora, la loro vita è finita, la
condanna a morte è definitiva, no possono più continuare a vivere anche
se c'è chi cerca in tutti i modi di evitarlo.
Nonostante la loro prossima fine, negli ospedali psichiatrici c'è oggi
ancora molto da fare per vedere di migliorare le condizioni degli
attuali degenti e penso che il dottor Antonucci vi farà un'esposizione
abbastanza interessante sul problema. Ma se inoltre arrivassimo ad
evitare i TSO, ed è dimostrato che è possibile, prima ancora della nuova
legge psichiatrica si era arrivati in alcuni centri d'Italia ad
evitarli, questo sarebbe un altro grosso colpo inferto al concetto di
malattia mentale, concetto così infausto come è venuto avanti fino ad
ora. Per la nuova legge uno dei pericoli più grossi è, lo ripeto ancora,
la medicalizzazione della psichiatria e purtroppo si sta già vedendo
che un tale pericolo viene avanti ma la lotta continua e chissà quanto
sarà ancora dura: la psichiatria è ancora forte. Però potremmo iniziare
con l'abolire alcuni suoi strumenti perniciosi. Oltre al ricovero coatto
ce n'è un altro che sembrava, con il 1968, essere stato eliminato per
sempre, perché condannato da tutti, l'elettroshock.
Però oggi si sta cercando, con diversi tentativi e da numerose parti, di
ridargli la dignità di strumento terapeutico. L'elettroshock nacque in
Italia, qui a Roma con Cerletti, che per altro a Napoli, alcuni anni
prima che ci lasciasse, affermò desolato: «Non l'avessi mai scoperto».
Dapprima l'elettroshock veniva usato con molta cautela, poi il suo uso
si diffuse, cessò la prudenza e gradatamente venne usato sempre più ed a
sproposito. Mi risulta che poco tempo fa, non so se ancora oggi in una
casa di cura tutti i pazienti, indistintamente, erano sottoposti ad una
serie di elettroshock.
Perché l'elettroshock è negativo?
Molti di voi sanno che nel bambino bisogna evitare nel modo più assoluto
gli accessi convulsivi, perché causano grossi squilibri nello sviluppo
delle cellule nervose del cervello ancora immaturo del bambino, con
delle conseguenze negative sullo sviluppo intellettivo.
Ebbene, questa giusta preoccupazione nel prestare ogni possibile
attenzione ad evitare gli accessi convulsivi nel bambino, è inesistente
negli psichiatri quando pensano al cervello dell'adulto come oggetto
delle loro applicazioni elettriche, appunto gli elettroshock.
Anzi, quella preoccupazione è stata soppiantata dal pensiero opposto,
proprio quello di provocare gli accessi convulsivi. Chissà dove è andata
a finire la logica!
L'accesso convulsivo che si ottiene con l'elettroshock è stato ben
mascherato; gli psichiatri aiutati dai medici sono stati bravi ad
evitare le convulsioni usando il curaro e l'anestesia generale, e per
questa ragione ad uno sguardo superficiale, l'elettroshock, per la
mancanza delle disordinate e violente contrazioni ad esso associate, può
sembrare una terapia innocua.
Ma nel cervello accade una vera e propria tempesta neuronica, i neuroni
stimolati dalla corrente elettrica iniziano ad inviare impulsi in modo
anormale e forsennato fino al loro completo esaurimento. Infatti, se si
fa un elettroencefalogramma durante un accesso convulsivo di qualsiasi
natura, anche da elettroshock, si ha alla fine della tempesta neuronica
un silenzio elettrico simile a quello che si registra in condizioni
preagoniche, mentre normalmente il cervello emana una serie di onde
bioelettriche ben caratterizzate ed organizzate. Questo silenzio
elettrico permane per un tempo variabile, che può giungere fino ad
un'ora ed oltre, dopo di che si ha gradatamente la ripresa delle
attività elettriche, e la persona che era caduta in uno stato di
incoscienza, di coma, riprende coscienza con il lento recupero delle
possibilità di vita di relazione.
È noto che dopo i quarant'anni ciascuno di noi perde fisiologicamente
tutti i giorni circa centomila neuroni, dovuto al normale decadimento
dell'uomo. Dopo un elettroshock con conseguente accesso convulsivo che
provoca un'alterazione della normale dinamica del cervello con
microemorragie, turbe circolatorie, carenze di ossigeno, alterazione
della nutrizione dei neuroni, lascio pensare a voi quanti neuroni si
perderanno. Ma c'è un altro aspetto del problema.
Alcuni anni fa era di moda l'annichilimento da elettroshock che si
otteneva facendo un numero di elettroshock tre-quattro volte superiore
al numero di elettroshock che si fa in una normale terapia, circa
dieci-dodici. Questo annichilimento da elettroshock era tale da
trasformare una persona in una larva umana, in modo definitivo essa era
ridotta alla sola vita vegetativa - oppure ad una vita di relazione
molto ridotta, quasi nulla.
Risulterà indubbio che con il normale numero di elettroshock, tanto per
capirci, si avrà un annichilimento ridotto, ma pur sempre un
annichilimento. A questo punto esploderanno i sostenitori
dell'elettroshock affermando che quanto detto non è vero, che è soltanto
terrorismo, che i pazienti hanno solo qualche leggero disturbo della
memoria. Questo è il frutto di un errore: chi fa gli elettroshock può
essere tratto in inganno oltre che dai propri interessi o dalle proprie
idee, anche dal fatto che dopo questa tempesta neuronica, ed il
conseguente stato comatoso o comunque di incoscienza al risveglio, c'è
un grosso disturbo della memoria che poi pian piano si attenua fino a
far pensare che continuando ad attenuarsi, i disturbi della memoria
scompariranno. In questo lo psichiatra che fa l'elettroshock è aiutato
anche dal paziente il quale riferisce che la memoria sta migliorando e
ritiene che con il tempo il disturbo scomparirà.
Però è solo una speranza perché questi buchi della memoria anche se
ridotti rimangono, e la loro grandezza ed il loro numero sono
proporzionali al numero degli elettroshock somministrati. È quasi come
un'asportazione chirurgica della memoria, rimangono dei buchi
incolmabili. Insomma, in pratica, un elettroshock è una neuronotomia
diffusa, cioè un'asportazione diffusa dei neuroni dal cervello. Abbiamo
visto che i neuroni si perdono fisiologicamente e queste cellule, a
differenza di altre, non si riproducono più e quindi si perdono, si
perde una qualche attività del cervello. L'elettroshock è una vera
amputazione del cervello e il paziente stesso in generale, sarà il primo
a non ammettere ciò, perché non fa piacere riconoscere di essere stati
menomati delle proprie capacità intellettive; questo comportamento da
parte del paziente può trarre in inganno lo psichiatra.
Però non è difficile trovare delle persone che hanno subito elettroshock
che sostengono che è rimasto, dopo tale terapia, qualche buco più o
meno grande nella memoria. Nonostante ciò da alcuni psichiatri non viene
accettato che l'elettroshock provochi microemorragie, morte dei
neuroni, buchi nella memoria.
Lo stesso discorso vale pure per la psicochirurgia in tutte le sue
forme. Ma tutto questo è legato alla psichiatria, al suo aver voluto
essere medicina, al suo aver voluto affrontare con un atteggiamento
curativo, medico, le cosiddette malattie mentali.
Allora come si può sostituire questo concetto di malattia mentale?
Io credo che la malattia mentale debba essere vista come una difficoltà
di un gruppo, mai di un individuo solo. Non esiste un individuo con
difficoltà psicologiche che non appartenga ad un gruppo che non abbia
difficoltà psicologiche, nella mia pratica professionale non è mai
successo. E la difficoltà del gruppo sta nel vivere con le regole
comunemente accettate dagli altri, queste regole non le si riesce ad
affrontare perché si ha paura e questa paura ce la si trascina fin da
piccoli. Oltre ad un Comitato per la Difesa dei Diritti dell'Uomo, come
l'organizzatore di questo Simposio, dovrebbe sorgere un Comitato per la
Difesa dei Diritti del Bambino, che è così facilmente calpestato e
calpestabile, in modo che sia noto che il bambino ha estremamente
bisogno di fiducia, se si vuole che cresca fiducioso. Questo Comitato
dovrebbe intervenire proprio nei casi in cui è difficile inserirsi nella
cattiva educazione impartita dai genitori del bambino. D'altra parte,
poiché per dare fiducia bisogna averla, vivendo in un mondo di questo
genere, dove succede quel che succede, è difficile che la nostra fiducia
cresca. È chiaro che si deve trovare un modo per cambiare tenendo
presente il bisogno della fiducia.
Allora che possiamo fare?
Iniziamo a fare ciò che possiamo, come abolire l'elettroshock, cercare
di evitare il TSO, e così pian piano riusciremo a far capire, se
riusciremo ad evitare questi interventi medici, che abbiamo a che fare
con dei problemi personali, sociali, etici, politici.
Le cosiddette malattie mentali sono molto più frequenti nelle classi più
povere, più diseredate. Gli ospedali sono pieni di sottoproletari.
Questo vale per una società in cui vi siano pure classi sociali più
ricche e agiate, perché società povere e ridotte oggi agli albori della
civiltà perché non hanno conosciuto il progresso, hanno dei problemi
psichici inesistenti o quasi.
Marx aveva sostenuto che la religione è l'oppio dei popoli, ma anche la
malattie mentale può servire come oppio o droga perché se abbiamo a che
fare con dei problemi sociali ed invece li trattiamo come dei problemi
medici, in questo modo permettiamo alla società di non affrontare quei
problemi sociali che provocano la crisi di quelle persone che vengono
definite malati mentali. Noi ricoveriamo le persone, le trattiamo
con gli psicofarmaci, dopo un certo tempo le dimettiamo, ma le abbiamo
trattate in modo sbagliato perché non abbiamo affrontato il loro gruppo
sociale, i loro problemi. Quando il paziente esce dall'ospedale
speranzoso, dicendosi «bene, ora sono guarito!», sta fuori 15 giorni, un
mese, due o tre e poi si ritrova di fronte ai problemi che l'avevano
già messo in difficoltà prima. Quindi invece di avere fatto fare al
paziente un passo avanti, gli abbiamo fatto fare un passo indietro,
perché in più gli abbiamo messo in testa che è un malato mentale, quindi
gli abbiamo tolto poco o tanto la capacità di reagire in modo positivo.
Io penso che debba venire il tempo in cui i nostri discendenti ci
guarderanno come noi ora guardiamo i Romani o gli schiavisti di oggi.
Con la malattia mentale oggi, molto probabilmente facciamo ciò che
facevano i Romani con gli schiavi; erano schiavi perché diversi,
appartenenti ad una razza diversa, e ad un ceto sociale diverso.
Oggi critichiamo questo atteggiamento dei Romani, così penso che
arriverà l'epoca in cui anche i nostri tempi saranno criticati, oltre
che per tutto il resto, anche per questo aspetto legato al concetto
sbagliato di malattia mentale.
Io lavoro nell'Ospedale Psichiatrico Osservanza di Imola, dove
sono il responsabile di tre reparti di lungodegenti, che ho liberato da
tutti i mezzi di cui disponeva la psichiatria per perseguitare i
pazienti che ivi erano ricoverati, e li ho trasformati in residenze, in
attesa che quei pazienti che non hanno trovato ancora una collocazione
fuori possano trovarla per allontanarsi da quel luogo (l'ospedale
psichiatrico) dove erano stati portati con la forza per motivi a loro
del tutto sconosciuti, per motivi che non riguardavano loro
direttamente.
Contemporaneamente a questo lavoro, due o tre volte al mese faccio il
medico di guardia in un reparto di un Ospedale Civile che ora è
utilizzato per il trattamento sanitario obbligatorio, cioè per quel tipo
di trattamento che la legge 180 ha sostituito al ricovero coatto.
Premetto che nella mia attività pratica ho sempre ritenuto inaccettabile
il fatto di costringere una persona, chiunque sia, a sottoporsi a dei
trattamenti, ritengo che sia un crimine imporre ad una persona qualsiasi
un trattamento che la persona stessa rifiuta e secondo questo punto di
vista mi sono sempre regolato.
In questo periodo, quando sono di guardia in questo reparto, quando si
presentano dei pazienti per il trattamento sanitario obbligatorio, io
glielo annullo servendomi di uno di quei punti della nuova legge, cioè
trasformo tutti i trattamenti obbligatori involontari permettendo alla
persona interessata di restare, se vuole, ma anche di andarsene se
questa è la sua volontà.
Siccome l'altro sabato (8 novembre) due giovani se ne sono andati, gli
psichiatri dell'ospedale si sono arrabbiati e c'è una grossa polemica.
Però questi psichiatri non si limitano ad usare le loro armi per
combattere contro questa iniziativa, ma si sono rivolti a tutti i poteri
possibili, per cui è intervenuto il Consiglio di Amministrazione per
prendere posizione contro queste mie iniziative, che poi, in realtà,
sono iniziative di scelta dei pazienti. Sono intervenuti pure i Centri
di Igiene Mentale, cioè quelli che decidono che la persona ha bisogno
del trattamento obbligatorio; è intervenuto il Pretore; cioè si è
formato uno schieramento di forze tutte contro di me per questo scandalo
che consiste nel fatto che io ritengo che i pazienti abbiano il diritto
di scegliere da soli, mentre gli psichiatri ritengono che debbano
essere sottoposti a dei provvedimenti di costrizione.
Io mi chiedo perché succedono queste cose, perché da quando in Italia io
ed altri abbiamo iniziato a lavorare in questo senso ci siamo sempre
scontrati con delle organizzazioni di potere che fanno il possibile per
smantellare iniziative di questo genere.
Mi ricordo che nel '73, andando all'Istituto Psichiatrico Osservanza
di Imola, diretto da Cotti, per vedere che cosa si poteva fare, mi
ricordo che dissi a Cotti che avrei voluto prendere il reparto peggiore,
cioè il reparto ritenuto dagli psichiatri il più pericoloso, con le
persone secondo loro più pericolose e che per questo motivo dovevano
essere maggiormente sorvegliate. Il reparto era il n. 14 ed era composto
di 44 donne. Le mura erano alte 4 metri con porte di ferro, però
superata la porta di ferro, si trovavano altre porte ed altri muri.
Superate queste porte e questi muri, si entrava in celle che avevano
porte di legno molto spesse, penso fossero di rovere, con tre serrature:
una sopra, una in mezzo, una sotto. Se si aprivano queste porte o se si
guardava attraverso lo spioncino, si vedeva la persona legata al letto.
Ho trovato 30 donne legate al letto e 14 che stavano un po‘ alzate e un
po‘ legate al letto. Legate al letto vuol dire legate al petto, ai
piedi e alle braccia, non un solo legame. Allora mi chiesi che concetto
si erano formati gli psichiatri e l'opinione pubblica di queste persone.
Queste donne erano così spaventosamente pericolose che non bastavano
mura alte 4 metri, porte di ferro, infermieri sempre vigili, porte con
tre serrature, ma era necessario pure legarle al letto, ma non bastava
neanche questo perché queste donne erano sottoposte giorno dopo giorno a
dosi massicce di varie qualità di psicofarmaci che le rendevano molto
più deboli di quanto sarebbero state senza prenderli. Allora io mi
chiesi quali forze misteriose avevano dentro di sé queste donne e quali
capacità per renderle così pericolose da metterle in questa situazione.
Quando si parla di scientificità o no della psichiatria è bene
riflettere su queste cose. Penso che il provvedimento contro le streghe
era molto simile, come pure il provvedimento dell'Inquisitore tedesco
che diceva: «Facciamo il processo alla strega, le mettiamo una pietra
legata al collo e la buttiamo in acqua, se affoga è innocente, se non
affoga la bruciamo perché è colpevole.»
Questo discorso lo si ritrova nella psichiatria, nell'etichetta della
malattia mentale, e le conseguenze sono quelle che descrivevo. Non sto a
dire come queste donne sono state liberate, c'è voluto del lungo lavoro
per buttare giù i muri, aprire le porte, abolire gli psicofarmaci,
restituire a queste donne la possibilità di avere un rapporto con gli
altri, di non essere degli oggetti, chiusi in una stanza, legate a un
letto, restituire la possibilità di camminare, di parlare, di
esprimersi, perché nessuno mai si era preoccupato di questo, anzi si
erano preoccupati di distruggere tutte queste capacità.
Non è importante dire che tutte queste donne sono libere e che alcune
hanno trovato un posto dove andare, l'importante è dire che queste donne
sono persone come noi, però bisogna aggiungere da dove vengono e
perché sono state messe lì. Vi darò qualche esempio:Teresa Baiardi
ricoverata 25 anni fa all'Osservanza, contadina di famiglia
povera, dopo aver avuto una figlia, nella condizione che segue alla
gravidanza non riusciva più a fare il lavoro pesante nei campi; viene
chiamato il medico il quale non trova niente di fisico che giustifichi
questa incapacità della donna a sostenere le fatiche, allora ritiene di
consultare lo specialista il quale sostiene, secondo il suo linguaggio,
che si tratta di una forma di depressione, così Teresa Baiardi passa dal
lavoro nei campi al manicomio dell'Osservanza, ed io l'ho
ritrovata legata al letto, considerata una persona estremamente
pericolosa perché non aveva mai smesso - straordinariamente nonostante
tutti questi mezzi di tortura - di difendersi da queste aggressioni,
così quando raramente la slegavano rispondeva agli infermieri e ai
medici con i mezzi che queste persone si meritavano.
Oggi questa donna è slegata, si muove, non fa cure perché non ha mai
avuto bisogno di cure, ha ricominciato a vestirsi come una persona, e
non più ricoperta da un solo camice o nuda come quando era legata al
letto, potrebbe anche andarsene se avesse un posto dove andare.
Ora voglio parlare della nuova legge, la quale non servirà a niente se
priva di orientamento e di cultura e se non ci si rende conto che le
vittime dei manicomi e della psichiatria sono persone senza potere, o
perché fanno parte di classi sociali che non hanno potere o perché
nell'ambito di altre classi sociali sono persone espropriate dal potere
perché fanno cose che non sono accettate dal costume della loro classe
sociale, allora vengono poste in casa di cura e sottoposte ad
elettroshock e l'hanno subito pure le donne di cui vi parlavo, che lo
ricordano con terrore e con angoscia.
Si può aggiungere a questa testimonianza quella della poetessa Silvia
Plater, la quale ha detto che se avesse saputo quale era il dolore
dell'elettroshock avrebbe preferito non nascere. Ora però, poiché la
situazione è grave, ci sono in Italia, nonostante la nuova legge, 90
manicomi; c'è gente lì dentro che non sa dove andare, molti di questi
manicomi sono tradizionali e poi ci sono tutt'ora molte persone che sono
prese con la forza e portate nell'Ospedale Civile e, se questo è il
nuovo comportamento, la musica non cambia perché il discorso è lo
stesso.
Ho detto che sabato ho liberato due giovani, uno di 25 anni, che, quando
è arrivato con tanto di infermieri, polizia, chiuso nell'ambulanza
perché sembrava estremamente pericoloso, questo giovane che io ho fatto
entrare in una stanza per discutere con lui mettendo da parte i
poliziotti e gli infermieri e i medici, mi ha detto che aveva litigato
con sua madre e le aveva dato uno schiaffo, dopo di che era andato a
letto e dopo un po‘ di tempo si era trovato la polizia, l'ambulanza e
l'hanno portato qui. Io gli ho detto che questa volta era andata bene
perché il ricovero obbligatorio si toglie e appena può lui se ne va.
Dopo è arrivato un uomo di 30 anni, accompagnato dalla polizia, gli
infermieri e dal padre il quale ha detto che dovevano rinchiuderlo. Io
ho chiesto al padre, in presenza del figlio che non parlava, che cosa
avesse fatto per volerlo rinchiudere e lui mi ha risposto dicendo che se
ne va sempre in giro, è stato 3 mesi in Spagna e lui è preoccupato
perché non sa cosa gli può capitare (ad un uomo di 30 anni). Io gli ho
detto che non era un motivo sufficiente, però poi il padre se ne è
andato ed al giovane che era rimasto ho detto che poteva andarsene, ma,
poiché prima di andarsene ha ritardato un po‘, il medico di guardia che è
giunto dopo di me, vedendo questo che voleva andarsene, lo ha
trattenuto con la forza ed ora lo stanno curando perché ha l'abitudine
di andarsene in giro. D'altra parte mi viene in mente che Lombroso
diceva che Wagner era matto perché andava in giro per la Germania. Non
ho fatto questo paragone a caso, la cultura Lombrosiana, almeno per noi
in Italia, è importante perché ha detto che il cervello dei poveri
funziona peggio di quello dei ricchi, il che può essere vero se sono
denutriti, e che i dissidenti politici sono matti, e allora i dissidenti
più validi in Italia erano gli anarchici, promotori del movimento
contadino, così si ritorna al discorso che faceva il prof. Szasz.
E si continua a trattare i ricoverati nei manicomi come prima, con i
trattamenti repressivi che possono essere meccanici, come ad esempio la
porta chiusa, il mezzo di contenzione, il maltrattamento; oppure
chimici, come gli psicofarmaci, persone che girano con la lingua di
fuori e con le mani che tremano e con le gambe che non reggono perché
piene di psicofarmaci; i mezzi di contenzione psicologica, il terrore,
la paura, il medico che diceva al paziente :«Se esci e ti ubriachi ti
tengo dentro un mese oppure ti faccio l'elettroshock». Questi sono i
metodi nei manicomi.
Negli Ospedali Civili i metodi però sono gli stessi perché la cultura è
la stessa, infatti durante la guardia ho visto una ragazza di 22 anni
ricoverata perché non prendesse più l'eroina e l'eroina viene sostituita
con il metadone che è la droga legale. In un momento in cui la ragazza
chiedeva una dose è stata legata al letto perché secondo il medico una
fiala di metadone al giorno è sufficiente.
Questa ragazza è stata buttata fuori di casa dalla madre ed ora è nelle
mani degli sfruttatori della prostituzione. Ora io mi chiedo, cosa crede
di risolvere questo medico legando al letto questa ragazza e
sostituendo l'eroina con il metadone? Io vi chiedo di riflettere su
questo tipo di scienza. Se queste cose si fanno negli ospedali civili,
allora la musica non è cambiata.
Nel territorio, appena c'è un disordine dell'ordine pubblico, o la
minaccia di un disturbo dell'ordine pubblico, una violazione del costume
o ad esempio una donna giovane che esce di notte perché di giorno
lavora e i genitori non sono d'accordo, allora chiamano lo psichiatra
che le da‘ gli psicofarmaci per vedere se le passa la voglia di uscire
la notte. Se la voglia non le passa, fanno allora richiesta per il
trattamento obbligatorio all'ospedale civile dove l'annientano con gli
psicofarmaci.
Io vedo delle persone che non hanno la forza di parlare, con la lingua gonfia.
Un ultimo esempio: alcuni mesi fa è successo uno scandalo a proposito di
una donna incinta a cui io ho tolto il ricovero obbligatorio. Questa
donna era sottoposta ad un trattamento con Serenase, psicofarmaco che è
dannoso anche per il prodotto del concepimento, e questa donna portata
con la forza mi ha detto che lei non si oppone al trattamento se ne ha
bisogno, però non vuole prendere psicofarmaci durante la gravidanza. Io
l'ho liberata e ciò ha fatto muovere il pretore contro di me nel
tentativo di denunciarmi per violazione della legge.
Dobbiamo quindi instaurare una nuova cultura che però non passa solo
attraverso l'Università, ma passa attraverso una lotta civile e politica
per cambiare il nostro ordinamento sociale.
Intervento di Edelweiss Cotti al Simposio "Psichiatria Legale" tenutosi all'Università di Roma, 1980
Nessun commento:
Posta un commento