“Abusare dell’altro non è un segnale di forza,
abusare è sinonimo di alienazione e di negazione di se stessi e dell’altro”.
E.C.
“Nelle parole si
trovano le chiavi della nostra libertà, e la possibilità di gioire della magia
della vita e del mondo”, scriveva Elsa Cayat, nata in Tunisia nel 1960,
psichiatra, psicoanalista, saggista e impertinente. E’ stata assassinata il 7
gennaio 2015, durante l’attentato terroristico alla redazione del settimanale
satirico Charlie Hebdo, mentre si
svolgeva una riunione di redazione. É autrice di libri sulla coppia, la sessualità,
le questioni sentimentali: Un homme + une femme = quoi ?, ed. Jacques Grancher, 1998; Le désir et la putain. Les enjeux cachés de la
sexualité masculine, (con A.Fischetti), ed. Albin
Michel; La capacité de s’aimer, (con
F.X. Petit), ed. Payot, 2015. A ottobre del 2015 è uscito postumo Noël, ça fait vraiment chier! ed. Les
Échappés–Charlie Hebdo; si tratta di una raccolta di articoli della rubrica Charlie divan,
da lei curata.
Nella prefazione
Alice Ferney la descrive come una donna forte, realista, ottimista, con una
voglia di vivere contagiosa, dalla voce decisa. Il fratello racconta che era già stata minacciata due volte.
In una chat
online, anche questa un’interessante proposta di condivisione dei saperi, Elsa
Cayat risponde alle domande di alcune interlocutrici. Ecco un piccolo assaggio:
“Come si può voler desiderare di basare la propria vita su qualcuno diverso da
se stessi”? - “Questo è il problema che pone l’amore. La questione non è
cercare di fondare la propria vita sull’altro. La questione invece è che si
deve mantenere la propria vita per se stessi, per concentrarsi su di sé, per
essere in grado di aprirsi all’altro. In un certo senso, il problema che hai
posto è l’asse dei problemi amorosi. E questo asse è il mito dell’amore. Da
qualche parte, vorremmo riposarci sull’altro, fondare la propria vita
sull’altro, perché si ritiene che tutti i propri problemi provengano da una
mancanza di amore. Si ritiene che
l’amore sia la soluzione a tutti i propri difetti, e che perciò l’altro ci
possa guarire da tutti i nostri mali. Ma questo è sbagliato. Non soltanto l’altro non può supplire alle
nostre carenze, ma i problemi personali spunteranno fuori nella misura stessa
dell’intensità del rapporto amoroso. Per poter
risolvere i propri problemi, non si tratta di cercare di capire l’altro,
cercando di metterci al suo posto, ma dobbiamo analizzarci interiormente e ricentrarci su noi stessi”. http://www.psychologies.com/
In quarta di copertina del saggio “Noël, ça fait vraiment chier”, corredato
dai disegni (satirici!) di Catherine Meurisse, si legge: “Il suo modo di
trattare l’adesione all’autorità, il razzismo, il capitalismo, il godimento, la
legalizzazione della cannabis o ancora la famiglia, ci apre un campo di
riflessione appassionato”. L’autrice, aperta al linguaggio e all’ascolto degli
altri, analizza minuziosamente i problemi inerenti all’essere umano, per comprovare
che ciascuno custodisce dentro di sé le risorse per essere felice, nonostante
il sistema capitalistico produca una folla di persone in fuga da se stesse,
sotto il peso degli antidepressivi, espropriati del sapere che hanno della
propria interiorità, non hanno più spazio, né per pensare, né per gioire;
scrive a pagg. 107-108, nell’articolo La
scienza senza coscienza è solo rovina dell’anima: “In effetti la
psichiatria, vale a dire il campo di applicazione dell’afflizione, del
condizionamento e dell’illusione inerenti all’uomo, è nelle mani
dell’amministrazione. Amministrazione che è asservita ai laboratori che hanno
acquistato e venduto il DSM, dove a ciascun sintomo corrisponde una specifica
medicina. Lo psichiatra è perciò chiamato a essere un tecnico senza testa,
senza cuore e senza stato d’animo. Deve assolutamente seguire i protocolli
emessi, sotto pena di sanzioni disciplinari. Questo sistema instaura
l’autoritarismo per mezzo della paura, in modo occulto e silenzioso. […] Si
serve di una pseudo-razionalità esclusivamente descrittiva per far fruttare i
laboratori a spese dei pazienti e dei medici che sono sotto la legge
dell’economia e del profitto. […] Il punto di vista dominante è che non ci
possano essere cambiamenti positivi, l’idealizzazione degli schemi nella loro
trasmutazione positiva che è caratteristica del lavoro del pensiero, è relegata
nel regno dell’utopia. Perciò non resta che il terrore, l’anticipazione del
peggio e la prescrizione dell’oblio, tanto più che i consumi si restringono e
che questa illusione di felicità che questa società ha offerto è esplosa.
Quindi, se il capitalismo è la rovina dell’uomo, la causa non è tanto la rovina
economica che questo sistema non può evitare di generare, ma, come diceva
Rabelais in modo geniale, che “la scienza senza coscienza non è altro che la
rovina dell’anima”.
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