La verità, vi prego, su Mauro Guerra di Luigi Manconi
pubblicato il 21/05/2016 su http://www.huffingtonpost.it/luigi-manconi/la-verita-vi-prego-su-mar_b_10079900.html
Mauro Guerra aveva 32 anni, era laureato in economia e amava
dipingere. Sono passati quasi 10 mesi da quando un colpo di pistola
sparato dall'arma di un carabiniere gli ha tolto la vita, in una
località nella campagna tra Padova e Rovigo.
Di quanto accadde in
quel 29 luglio 2015 si sa ancora poco, quasi niente. Una sola certezza:
oggi sappiamo - e possiamo dirlo senza timore di essere smentiti - che
nessuno aveva disposto un trattamento sanitario obbligatorio per Mauro
Guerra (come, invece, avevano titolato tutti i giornali locali).
Da
quello che emerge, i carabinieri chiamando l'ambulanza e obbligando
Guerra a salirvi, avrebbero agito al di fuori di tutte le garanzie
previste per chi, in occasione di un episodio di sofferenza mentale,
abbia bisogno di cure immediate. E non era comunque questo il caso di
Mauro Guerra, sconosciuto ai servizi psichiatrici del territorio, in cui
mai si era dovuto ricoverare.
In quel caldo giorno di luglio
Guerra si trovava a casa, intento a dipingere un quadro quando due
carabinieri gli hanno imposto di seguirli in caserma, distante una
cinquantina di metri dalla sua abitazione. E così avviene. Il motivo di
quell' "appuntamento" non lo conosciamo ancora. Sappiamo solo che, dopo
circa mezz'ora, Guerra corre verso casa, inseguito da due carabinieri
che poi diventano quattro, poi sei e poi dieci. Dieci militari che per
oltre tre ore rimangono all'interno dell'abitazione, nel giardino e nel
cortile adiacente.
Tentano in tutti i modi di convincere Mauro
Guerra a salire sull'ambulanza, ma lui non vuole e non capisce perché
debbano portarlo via. Così fa un ultimo, disperato, tentativo: finge di
voler accettare il ricovero, si incammina verso l'ambulanza ma la supera
e si mette a correre, dirigendosi verso i campi ai margini del paese. I
carabinieri lo inseguono, quasi lo raggiungono, e uno riesce a
chiudergli l'anello di una manetta intorno al polso. Guerra si gira e
colpisce il militare, pronto a proseguire la sua corsa, ma è a questo
punto che un colpo di pistola lo raggiunge al petto. Nonostante sul
posto siano presenti due ambulanze e un elicottero dell'elisoccorso, il
corpo del giovane rimane steso a terra per quasi tre ore.
Nessuno
verifica i parametri vitali, nessuno permette ai familiari, che pure
erano presenti durante le tre ore di assedio della loro casa, di
avvicinarsi, e ancora non sappiamo a che ora l'uomo abbia esalato
l'ultimo respiro. La procura ha aperto un fascicolo, sono stati sentiti
alcuni testimoni ed effettuati degli accertamenti, tra cui l'esame
autoptico e la perizia balistica.
Sappiamo che Guerra è morto in
quel campo, il colpo che lo ha ucciso è stato esploso da una distanza
non inferiore ai 50cm ma non superiore ai 5 metri e il proiettile lo ha
trafitto all'addome. Sappiamo che il proiettile è entrato nel suo corpo
dal basso verso l'alto e da sinistra verso destra, che i colpi esplosi
sono stati quattro e che di questi - lo dicono le indagini eseguite
dagli stessi carabinieri - sono stati rinvenuti solo i bossoli e nessuna
ogiva. Sappiamo inoltre che l'esame tossicologico effettuato su Guerra
ha dato esito negativo per ogni tipo di sostanza e che a ottobre 2015 è
stato conferito l'incarico al perito della procura per l'accertamento
tecnico sui cellulari sequestrati a due carabinieri.
È passato
molto tempo dall'immagine di quel corpo riverso sul terreno di un campo
coltivato, e dopo i primi sei mesi di indagini il pubblico ministero ha
chiesto una proroga. Speriamo davvero che si stia facendo tutto il
possibile per arrivare alla verità su quanto successo a Mauro Guerra, e
che questo tempo ulteriore, fonte di altra sofferenza per i genitori e i
fratelli, sia davvero utile a dar loro le risposte che aspettano.
(Articolo scritto con Valentina Calderone)
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