Peter Breggin da: http://www.psychsearch.net/peter-breggin |
articolo originale:
La tortura ha spesso un preciso obiettivo: quello di
spezzare la volontà della vittima e quello di intimidire gli altri affinché abbiano paura che la tortura sarà inflitta anche a loro. Chiunque ha lavorato o è stato un
paziente in un reparto psichiatrico, è stato testimone di costanti tentativi di
spezzare la volontà dei pazienti, di limitare la loro libertà e le loro attività,
trattandoli come bambini, minacciandoli, utilizzando la contenzione fisica e l’isolamento
e per ultimo, infliggendo loro psicofarmaci ed elettroshock che rendono l’individuo indifeso.
L’impatto più profondo dei neurolettici (antipsicotici), è quello di rendere
l’individuo indifferente, apatico e docile; ma gli psicofarmaci continuano
solitamente a infliggere tormento fisico e mentale.
Durante i miei anni di esperienza clinica molti, se non la maggior
parte delle vittime, vivono il trattamento involontario come tortura. Sanno che
esso mira a spezzare la loro volontà e vogliono resistere, sia fisicamente e
che mentalmente, cosa che porta a conseguenze ancora più terribili. Il
trattamento involontario umilia e demoralizza le persone, rafforzando la loro
sensazione di essere inutili, impotenti e indifesi, e conduce alla loro indignazione,
che viene poi stroncata dagli psicofarmaci. I neurolettici causano una
combinazione confusa di emozioni paralizzanti e apatia, insieme a sensazioni di
acuto disagio fisico, acatisia insopportabile e agitazione; ma producono
inevitabilmente docilità attraverso il danneggiamento lobotomizzante e chimico del cervello.
Durante tutta la mia carriera mi sono opposto al trattamento
involontario e ho iniziato a criticarlo nella letteratura medica a partire dal
1964. Come inizialmente ha insegnato Thomas Szasz, il trattamento psichiatrico
involontario è incostituzionale ed è un attacco ai diritti umani fondamentali.
Sono contrario anche per motivi scientifici, perché dopo centinaia di anni
questa violazione dei diritti umani ha prodotto studi non scientifici, finalizzati a dimostrare che le sue vittime ne beneficiano.
Sono stato incoraggiato dall’eccellente blog di Peter C. Gøtzsche su MadinAmerica.com,
che mi ha spinto a creare una nuova sezione sul mio sito, Coercizione Psichiatrica e Trattamento Involontario, e di scrivere
queste mie ulteriori riflessioni.
Da quando ho terminato il mio tirocinio, non ho mai trattato o
incarcerato nessuno contro la sua volontà. Durante questo periodo di attività
professionale privata, che inizia fin dal 1968, nessun paziente in
trattamento da me ha mai commesso il suicidio o ha perpetrato un serio atto di
violenza. Qualsiasi buon psichiatra o terapeuta potrebbe avere un paziente che
commette suicidio o che compie atti violenti; ma la coercizione, il trattamento
psicofarmacologico e l’ospedalizzazione aumentano questa eventualità. Credo che
il mio rifiuto di esercitare la coercizione sui pazienti, i miei sforzi per
prevenire i ricoveri ospedalieri, e la mia pratica a non iniziare i pazienti ai
trattamenti con gli psicofarmaci, hanno contribuito alla buona sorte e i miei
pazienti non hanno commesso suicidio o atti di violenza estrema. Le persone che
sono profondamente angosciate non hanno bisogno dell’incarcerazione o degli psicofarmaci
che inevitabilmente prendono; hanno bisogno di un aiuto curativo da parte di
amici, famigliari e professionisti.
Qualcuno che si trova in uno stato in cui ha perso il controllo, o
qualcuno che minaccia di fare del male durante un episodio psicotico, presenta
problemi difficili per i libertari civili e per quelli di noi che vogliono aiutare
le persone in difficoltà e allo stesso tempo proteggere gli altri da loro. Non
ci sono soluzioni facili, soprattutto quando alcune di queste persone rifiutano
tutte le offerte di aiuto su base non costrittiva. Tuttavia, ci sono molte
ragioni per non usare questi esempi, con la finalità di giustificare le leggi che permettono i
trattamenti involontari e di rinchiudere le persone basandosi sulla parola di
giudici e di operatori sanitari. In aggiunta ai diritti umani e alle ragioni
costituzionali, ecco alcuni ulteriori motivi per farla finita con il trattamento
involontario:
In primo luogo,
davvero pochissime persone etichettate come “malati di mente” diventano
violenti. I tassi di violenza criminale in questo gruppo, non superano quelli
della popolazione in generale. Solitamente diventano violenti quelli che
reagiscono contro le condizioni oppressive e ostili dei reparti ospedalieri.
Come descritto nel mio libro Medication Madness, quando i pazienti
commettono atti di violenza estrema, di solito si tratta del risultato di una disfunzione
cerebrale, indotta da psicofarmaci e/o dalla dismissione degli psicofarmaci.
Gli psicofarmaci provocano spesso irritabilità, ostilità, aggressività,
disinibizione e mania, che portano alla violenza, soprattutto quando si inizia
ad assumere gli psicofarmaci o mentre se ne sta cambiando il dosaggio.
In secondo luogo, non vi è alcuna prova che
gli psichiatri, i giudici, o altre persone autorizzate a far ricoverare o a
fare certificazioni, abbiano alcuna conoscenza attendibile o competenza, per
determinare chi è molto pericoloso e chi non lo è, e quando uno non lo è più.
In terzo luogo,
non vi è alcuna prova scientifica che le persone incarcerate attraverso la
psichiatria riducano le loro tendenze violente o che questo protegga il
pubblico da loro. Nella mia esperienza clinica e studiando gli autori di
violenza, l’incarcerazione involontaria aumenta la probabilità di violenze
future, aggiungendo l’umiliazione e il maltrattamento del trattamento
coercitivo, alla lista individuale dei motivi per cui sentirsi umiliati,
oltraggiati e ritorsivi. Oltre a ciò, essi saranno esposti agli psicofarmaci, molti
dei quali possono causare o peggiorare la violenza. [Moore et al., 2010]
In quarto luogo, la paura del trattamento
involontario incombe sulla testa di tutti quelli etichettati come malati
mentali. Andare da uno psichiatra, o da altri operatori sanitari, espone
l’individuo già in difficoltà al rischio di detenzione e al trattamento coercitivo,
senza giusto processo. Volersi
sottoporre a un trattamento psichiatrico, quando ci si sente indifesi e sopraffatti, può trasformarsi nel più pericoloso
errore nella vita di una persona. Le persone spesso evitano di cercare aiuto
per paura di essere rinchiusi e/o costretti a prendere psicofarmaci, quando
invece un intervento psicoterapeutico su base volontaria potrebbe essere un salvavita.
In quinto luogo,
il fatto che la psichiatria deve usare il potere per obbligare al trattamento i suoi pazienti più
difficili, significa che gli psichiatri sono poco motivati a sviluppare
trattamenti veramente utili. Gli psichiatri se la cavano ripetendo in modo insistente lo stesso vecchio opprimente approccio, cioè l’ospedalizzazione,
gli psicofarmaci che intorpidiscono la mente e la TEC (elettroshock), senza che
vi sia alcuna prova della loro efficacia. Perché esplorare approcci migliori,
quando possono semplicemente rinchiudere le persone, facendo credere che stanno
facendo il meglio di ciò che si può fare? Il trattamento involontario diventa
la maniera più semplice, senza la necessità di interventi psicoterapeutici che
richiedono riflessione, empatia, duro lavoro e dedizione.
Sappiamo che ci sono cure eccellenti anche
per le persone maggiormente in difficoltà, fortemente disturbate, che stanno
vivendo una crisi diagnosticata come schizofrenia. Robert Whitaker, Loren Mosher, io e molti altri, hanno descritto questi approcci, che tuttavia
rimangono al di fuori dell’establishment psichiatrico,
perché è così facile rinchiudere le persone che “non rispondono al trattamento”.
Sesto: anche se il
trattamento involontario potesse prevenire alcuni casi di violenza, il costo è
troppo alto. L’uso secolare della coercizione psichiatrica, ha portato alla meschina
incarcerazione e all’orrendo maltrattamento di milioni di persone in tutto il
mondo. Tutti i trattamenti più violenti, come i neurolettici, l’elettroshock e la
lobotomia, sono diventati sperimentazioni di massa, senza etica né principi, su
reclusi involontari. Continuo a essere testimone, come esperto medico, dei
peggiori maltrattamenti che sono stati perpetrati su pazienti indifesi e detenuti.
In America, al
giorno d’oggi, mentre le reclusioni psichiatriche a lungo termine hanno
subito un calo, sta aumentando l’impegno civile delle persone nella comunità.
Immaginate che qualcuno vi costringa ad assumere iniezioni a lento rilascio di
neurolettici come Risperdal e Zyprexa mentre siete a casa vostra? Vi immaginate
che vi rifiutate di andare in ospedale per le vostre iniezioni, così che la
polizia o altri agenti dello Stato vengono ad abbattere la vostra porta?
Essere costretti ad assumere psicofarmaci a
lento rilascio in modo coercitivo, è peggio dell’incarceramento in prigione
senza l’obbligo degli psicofarmaci, dove almeno la mente e lo spirito sono
liberi. I neurolettici appiattiscono la mente e lo spirito, fino a creare,
all’estremo, un’esistenza da zombie. La vostra volontà può venire talmente
spezzata dagli psicofarmaci, da non trovare più la forza o la motivazione per
resistere, o per scappare e nascondersi dalle autorità.
C’è una ragione per le complesse, difficili tutele
del sistema di giustizia penale. Persone autorevoli, come i giudici, i pubblici
ministeri, gli psichiatri e gli agenti di polizia, hanno bisogno della
limitazione delle tutele costituzionali, in particolare della Carta dei Diritti;
bypassano queste tutele, con conseguenti esiti devastanti per l’individuo e la
società. Per quanto complicato possa essere il sistema giudiziario penale,
saremmo una società migliore se ci basassimo su di esso per proteggerci dalla violenza, piuttosto che sulla
psichiatria coercitiva. Se secondo le leggi
penali vigenti, un individuo non può essere incarcerato coercitivamente, dobbiamo tollerare la sua libertà, se non altro per
proteggere la nostra. Se vengono incarcerati, devono poter mantenere il diritto
di rifiutare un trattamento psichiatrico che mette le pastoie al cervello, alla
mente e allo spirito.
L’appello per
l’abolizione del trattamento involontario è diventato più controverso e
minaccioso da quando sono state perpetrate delle sparatorie da persone che a
volte sembrano emotivamente disturbate, tra le quali anche alcune che hanno motivazioni
ideologiche e religiose. Come ho già disquisito nel mio libro Medication Madness: The Role
of Psychiatric Drugs in Cases of Violence, Suicide, and Crime, (Medicare la pazzia: Il ruolo degli psicofarmaci nei casi di violenza,
suicidio e crimine), la psichiatria organizzata e il trattamento involontario
non hanno protetto la società da queste persone. Quasi tutti i non-jihadisti
sono passati dal sistema di salute mentale, che non ha dato una risposta
alle loro minacce di violenza. Molti hanno assunto psicofarmaci, che hanno
peggiorate o addirittura provocato la loro violenza. D’altra parte, il sistema
psichiatrico non potrà mai controllare la maggior parte dei jihadisti, e se e
quando lo fa, non ci fornisce alcuna protezione, pur continuando a calpestare
i diritti individuali.
L’esperienza
pratica dimostra che il trattamento involontario non protegge la società,
mentre sottopone a maltrattamenti molte persone innocenti. Molti degli
assassini di massa, in particolare i jihadisti, avrebbero potuto essere
dissuasi dal sistema di giustizia penale corrente, se fossero stati indagati e
perseguiti in modo più rigoroso.
L’abolizione
del trattamento involontario è facilmente giustificato dalla Carta dei Diritti,
incluso le sezioni che riguardano un giusto processo, la protezione dalle
punizioni crudeli e disumane, e la tutela della libertà di parola. Il
trattamento involontario non ha posto in una società che valorizza i diritti
dell'individuo, né è “umano” o “gentile” rinchiudere e drogare le persone contro
la loro volontà. Se queste persone avessero pensato che il trattamento
psichiatrico fosse umano e gentile, lo avrebbero scelto. Imporre loro la
volontà di professionisti devoti alle teorie psichiatriche e alle pratiche che
fanno più male che bene, non è né umano né gentile; è semplicemente oppressivo.
Traduzione a cura di Erveda Sansi
Traduzione a cura di Erveda Sansi
Se permetti ti esprimo il mio parere personale che è anche condiviso da molti miei colleghi. Premesso che non esiste la " Malattia mentale " dato che non esiste alcun microbo che lo generi bensì esistono i Disturbi del Pensiero dovuti ad eventi frustranti accumulati nel corso della nostra vita ( In parte rimossi, cioè spostati ma pur sempre presenti ) che a causa dei " significanti emotivi " associati a essi ( Rabbia trattenuta, Sensi di Colpa, Dispiaceri, Timori e Paure ) " Dissociano " e " Scindono " il pensiero che diviene " incongruente " e genera dei Comportamenti Disfunzionali. Gli psicofarmaci riducono la percezione dei " significanti " ( che si manifestano come risultante nel " sintomo )ma non li consumano e quantomeno possono agire sulle cause frustranti accumulati nel corso del nostro vissuto. La Psicoterapia, specie se si utilizzano strumenti regressivi quali l''Ipnosi riesce a " resettare " il pensiero consumando i significanti, consentendo la rielaborazione degli eventi e quindi l'' associazione del pensiero. In altre parole, è come se tu tornando a casa dovessi trovare nella cucina tanto vapore e le pareti bagnate perché hai lasciato una pentola piena d''acqua che bolle sopra il fornello. Tu che faresti? Apriresti le finestre per eliminare il vapore, metteresti il coperchio ( lo Psicofarmaco ) sulla pentola per " comprimere la pressione " del vapore e non renderlo manifesto. Poi quando tutto il vapore nella stanza sarà tutto uscito fuori dalla finestra e le pareti si saranno asciugati ti illuderai di aver risolto. Ma dopo un po'' la pressione dell''acqua che bolle dentro la pentola farà vacillare il coperchio ( lo psicofarmaco ) e tu lo sostituirai con un coperchio più pesante ( uno Psicofarmaco più potente ). Questa storia può durare all''infinito; ogni volta cambi coperchio. E c''è sempre il rischio che la pentola " esploda ". Solo se tu vai a spegnere la " fiamma " che si nasconde " sotto " la pentola ( cioè vai a spegnere la causa profonda tramite una Psicoterapia ) potrai dire di aver " definitivamente "risolto il problema. Nel corso di una Psicoterapia si può, per un breve periodo, utilizzare anche uno Psicofarmaco ( è un po'' come " La Novalgina che abbassa la febbre ) ma non può certo sostituire la Psicoterapia ( l''antibiotico che cura ). Purtroppo la nostra società è sempre più orientata a risolvere gli " effetti " e non le " cause " che sono più impegnative da risolvere. Vi sono poi delle vere Malattie Mediche su base metabolica, anatomica ( es. lesioni da trauma cranico, Tumori, ecc), microbica ( Meningiti ecc ) la cui cura deve essere affidata solo e soltanto al Medico e non certo allo Psicologo Psicoterapeuta a cui però andrebbero di diritto affidati i Disturbi del Pensiero. Spero di aver fatto chiarezza, una volta per tutte, su questo ricorrente argomento, che purtroppo spesso si presta a scelte confusionali da parte degli Utenti che " soffrono di dispiaceri " confondendo il " malessere psicologico " per il " dolore fisico di una malattia " e ciò prolunga all''infinito la risoluzione dei Disturbi Psicologici. Ciao, resto a disposizione per ulteriori chiarimenti. Dr. Febo Artabano, www.feboartabano.eu www.feboartabano.it
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