Muore a 43 anni in Psichiatria al Rummo: “Un altro decesso “inquietante” …”
Riportiamo questo articolo da TV7 di Benevento
Si
è appreso dalla stampa che l’altro ieri una persona con disagio
psichico, è morta al Rummo dove era stata ricoverata. Certo può
capitare. Ma non è del tutto normale entrare in un reparto psichiatrico
ospedaliero (SPDC) che dovrebbe essere un luogo “protetto”, e rimetterci
la vita. Soprattutto se il 43enne appena deceduto, è il quarto paziente
del Dipartimento di Salute Mentale di Benevento (DSM) che muore
dall’inizio dell’anno – quasi 1 paziente al mese – senza contare
l’87enne che è finito giù da una finestra dell’ospedale Civile.
Ma
l’aspetto più inquietante, è che il management Asl, anziché attivare
un’indagine attendibile su tali decessi rivolgendosi al Servizio
Ispettivo Regionale – organo autonomo e terzo rispetto a quanto avvenuto
– l’abbia affidata proprio al responsabile del DSM. Cioè, proprio a
chi, dopo avere diretto il Dsm per 20 anni, oggi non appare più dotato
dell’autorevolezza necessaria ad affrontare una questione così delicata:
sia perchè, scaduto dall’incarico, non gode della fiducia di metà del
personale del DSM che ne ha chiesto il commissariamento; sia perché da
oltre 10 anni, non dialoga più con il dirigente del SPDC e rifiuta ogni
confronto istituzionale con associazioni di familiari come “La Rete
Sociale” in violazione del Regolamento del Dsm. Insomma, per indagare su
EVENTI AVVERSI – quali suicidi e altri incidenti – avvenuti nel DSM, è
stato incaricato proprio il Direttore del DSM che alle nostre ripetute
richieste di adottare gli opportuni rimedi previsti dalla legge, li ha
negati adducendo una vaga “mancanza di personale”.
In realtà, è risaputo che il vero problema dei servizi di Salute Mentale non sono le risorse economiche e umane disponibili, ma il modo in cui vengono impiegate. L’uso
appropriato del personale, infatti, è spesso il miglior rimedio agli
EVENTI TRAGICI: come, per esempio, il “centro crisi H24” obbligatorio
per legge, aperto 24 ore su 24, sempre accessibile a parenti e amici,
dove i pazienti possono essere ospitati anche di notte. Tale “H24” a
Benevento è stato eliminato e accorpato con il SPDC: che essendo, però,
un “pronto soccorso psichiatrico” non può soddisfare ogni forma di
ricovero, sia volontario che obbligatorio – soprattutto se prolungato –
in maniera efficace per i pazienti e non frustrante per il personale.
Tutti
i normali “pronto soccorso”, infatti, dopo avere accolto chi ha avuto
un incidente o una malattia più o meno improvvisa, lo smistano: se
necessario, in uno specifico reparto o lo rimandano a casa. Nel pronto
soccorso psichiatrico di Benevento, invece, viene scaricato di tutto, e
là rimane: dal paziente che necessita solo di un’iniezione a chi ha
tentato il suicidio, dai senzatetto ai senza famiglia che vi rimangono
anche per 6 mesi, come denunciato di recente. Che tipo di attività
terapeutica, dunque, si può realizzare in un simile caravanserraglio
dove anche le migliori professionalità vengono mortificate e male
utilizzate?
Se
il personale in SPDC, invece, potesse dedicarsi solo ai casi in grave
crisi, con il massimo impegno, lasciando agli “H24” territoriali il
compito di occuparsi degli altri casi – come accade in tutt’Italia dove la Salute Mentale funziona –
si eviterebbero: PRIMO, quel clima da “trincea della pazzia” che (come
statisticamente dimostrato) negli SPDC aumenta la violenza e gli eventi
avversi; SECONDO, l’inappropriata
ospedalizzazione e l’illegittima limitazione della libertà personale
dei pazienti dietro “porte chiuse”; TERZO, lo spreco di rette
ospedaliere e personale qualificato con relativo danno erariale.
Basti un dato: dove gli “h24” territoriali funzionano gli EVENTI AVVERSI si riducono e gli SPDC si SVUOTANO.
Quanti altri morti dobbiamo contare, allora, perché ciò avvenga anche a Benevento?
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