Stop all’elettroshock di Erveda Sansi Una serata su questo tema, per iniziativa dell'associazione “Il cappellaio matto”, si tiene Domenica al BarBara's Pub di Delebio | |
Leonard Roy Frank, morto il 15 gennaio scorso, è stato uno dei portavoce più significativi del movimento dei sopravvissuti alla psichiatria statunitense e uno dei più importanti attivisti per i diritti umani e civili. Dopo essersi laureato ha lavorato fino a quando decise di prendersi un periodo sabbatico per dedicarsi a letture di politica, storia, religione, psicologia e filosofia; diventò vegetariano, si fece crescere la barba e cominciò a occuparsi di spiritualità e non-violenza. I suoi genitori, scandalizzati da questa sua scelta, lo fecero ricoverare in un reparto psichiatrico, contro la sua volontà, dove fu sottoposto coercitivamente a 50 insulinocoma e 35 elettroshock. Questo trattamento (che non sarebbe sbagliato chiamare tortura), gli causò una grande perdita di memoria e, all’uscita dall’ospedale, dovette imparare dei metodi per ricostruire la sua mente. Dalle sue parole: «Ho iniziato a rieducare me stesso. Ho tenuto una lista di parole su schede 3x5, di solito coppie o terne di parole ricavate dai libri. È stato un meraviglioso esercizio, perché ha ristabilito la mia capacità di associare una parola all’altra». Oltre a condurre una galleria d’arte (scopre il pittore G. Mark Mulleian), fa parte della redazione della rivista Madness Network News ed è cofondatore dell’organizzazione politica NAPA Network Against Psychiatric Assault. È autore di molti testi specialistici ed è considerato uno dei maggiori esperti, soprattutto per quello che riguarda l’elettroshock: «Negli ultimi 35 anni ho studiato le varie procedure di shock, particolarmente l’elettroshock o TEC, ho parlato con centinaia di sopravvissuti alla TEC e ho comunicato con molti altri. Tutte queste fonti e la mia esperienza personale, mi hanno fatto arrivare alla conclusione che la TEC è una tecnica brutale, disumanizzante, che distrugge la memoria, riduce l’intelligenza, danneggia il cervello, lava il cervello e mette in pericolo la vita».
L’elettroshock in gergo medico si chiama terapia elettroconvulsivante (TEC) o electroconvulsive therapy (ECT). È un trattamento psichiatrico che viene eseguito applicando due elettrodi alle tempie (esiste anche l’ECT unilaterale o frontale) e facendo passare una scarica elettrica di 0,9 ampere attraverso il cervello, che provoca una intensa crisi convulsiva con perdita di coscienza. Nelle moderne apparecchiature viene somministrata una corrente costante, la cui tensione varia fino a un massimo di 450 volt. Terminate le convulsioni si ha un periodo di tempo durante il quale l'attività corticale è sospesa e il tracciato elettroencefalografico è piatto. In questo modo si danneggia la barriera emato-encefalica e l’equilibrio biochimico del cervello. Tra i danni vi sono: rottura dei vasi sanguigni cerebrali, regressione della capacità discorsiva, gravi e ampie perdite di memoria, persistenti emicranie, problemi cardio-circolatori e riduzione della massa cerebrale. Altri effetti collaterali sono: arresto del respiro, arresto dell'attività cardiaca, pancreatite emorragica, lussazione delle strutture ossee; vi è un alto tasso di mortalità. Le modifiche nel trattamento introdotte negli anni cinquanta, cioè l’anestesia totale e i farmaci miorilassanti, che impediscono le contrazioni muscolari (con la tecnica non modificata le contrazioni erano diffuse a tutto il corpo, con la conseguente rottura di denti ed ossa), riescono solo a camuffare gli effetti esteriori, ma non ne cambiano la sostanza. I danni cerebrali sono rilevabili per mezzo di autopsie e le variazioni elettroencefalografiche si possono accertare anche dopo dieci anni e più dallo shock. Vi è un’ampia letteratura medica che attesta la presenza e il perdurare di danni gravi, non solo neurologici, provocati dalla TEC.
Ufficialmente si attribuisce l’invenzione della Terapia Elettro Convulsivante nel 1938 a Ugo Cerletti, docente universitario.1 L’elettroshock fu sperimentato nei campi di concentramento nazisti da medici come Mengele.
Tuttavia gli shock con l’elettricità venivano già somministrati durante la Prima Guerra Mondiale, per punire i renitenti, i disertori, quelli che non volevano più andare in trincea;2 in seguito vi furono sottoposti gli internati nei manicomi. Uno dei nostri più grandi poeti, Dino Campana, fu verosimilmente trattato con l’elettroshock nel 1923/24, nel manicomio dove era stato segregato insieme ad altri sfortunati come lui.3 Questa è la tesi a cui è approdato Sebastiano Vassalli, dopo quasi vent’anni di ricerca sulla vita del poeta.
In seguito è stato largamente utilizzato come strumento di tortura in Argentina, in Cile, a Guantanamo e ad Abu Graib. Spiega Giorgio Antonucci: «Modificare e compromettere la fisiologia del sistema nervoso centrale con un passaggio lesivo e destabilizzante di correnti elettriche nella corteccia cerebrale risulta già intuitivamente una incomprensibile e inaccettabile, paurosissima aggressione. Sono toccati gli equilibri chimici dei neuroni e delle cellule di sostegno e di nutrizione. Si procura artificialmente una grave crisi del sistema neurologico e di conseguenza dell’intero organismo. C’è da dire che è una specie di stupro cerebrale. […] Prima di passare a spiegare come l’elettroshock non possa essere considerata una terapia medica, serve sottolineare una questione fondamentale: il trattamento elettroconvulsivante, meglio noto come elettroshock, è nato e si è sviluppato sulla costrizione e non sulla scelta volontaria del paziente […] A questo trattamento sono state poi sottoposte le persone ricoverate in manicomio. Persone, quindi, che non potevano rifiutarsi, che non avevano libertà di scelta. L’elettroshock nasce quindi con questo difetto all’origine. D’altra parte, lo stesso Cerletti giunse a definire l’elettroshock non efficace, ma purtroppo questo non è bastato a chiudere il discorso.[…] Ma non tranquillizzano nemmeno gli effetti positivi di cui parlano gli psichiatri, su cui spicca la perdita di memoria, ovvero la perdita di un fondamento dell’intelligenza umana. Dall’antichità, dal Rinascimento ad oggi, l’uomo si è preoccupato di coltivare la memoria, non di distruggerla. Lo stesso Sigmund Freud ha scritto che il superamento di stati d’angoscia è legato al recupero della memoria, non al suo danneggiamento. Nessuno nega che dopo l’elettroshock si ricordi di meno. Certo, se uno è triste e malinconico per problemi suoi personali, dopo l’elettroshock tende a dimenticare i motivi che lo hanno reso triste. Ma come si può decidere di indebolire una sostanza preziosa come la memoria con pretesti terapeutici? L’Alzheimer non ci spaventa proprio per gli effetti devastanti che ha sulla memoria umana? La cancellazione della memoria non è una terapia, ma un’aggressione contro la cultura umana e non per nulla è sempre stata utilizzata dai regimi autoritari. L’elettroshock si inserisce in pieno in questo filone di politica culturale autoritaria e non meraviglia che oggi qualcuno, in Italia, tenti di farlo tornare ai moda».
Anche in Italia, come negli Stati Uniti, la pressione alla sua reintroduzione ha come esito l’aumento spropositato dell’utilizzo della TEC. L’allora senatore Ignazio Marino, presidente della Commissione di inchiesta parlamentare sul Servizio sanitario nazionale, ha messo in luce, così il lancio dell’Ansa del 7 febbraio 2013, che l’elettroshock in Italia viene praticato in 91 strutture. Sorprendente l’incremento spropositato nel triennio 2008-2011, se si pensa che fino a pochi anni prima solo 9 strutture erano autorizzate ad effettuare elettroshock. Nell'intervista che accompagna il servizio Ansa, Marino afferma che la Commissione stessa era sorpresa di scoprire quanto l’elettroshock sia diffuso in Italia e inoltre ha espresso preoccupazione, visto che l’elettroshock viene utilizzato anche in prima istanza, senza aver provato altre terapie (come ad esempio la psicoterapia, nda).
Torniamo indietro di un passo: nel 1996, una circolare dell'allora Ministro della Sanità Rosy Bindi, definisce l'elettroshock «presidio terapeutico di provata efficacia» consigliandone l'utilizzo.
Come effetto della circolare ci fu la trasformazione dell’elettroshock da prestazione ambulatoriale a prestazione chirurgica con il conseguente aumento del ticket (da 70.000 a 500.000 Lire) e quindi anche dei costi per i rimborsi dei ticket delle cliniche private convenzionate. Oltre allo psichiatra, la linea guida prescrive la presenza, di un medico anestesista e di tre infermieri.
Nel 2008 all’allora ministro della salute Livia Turco viene indirizzata la petizione dal Congresso Nazionale della Società Italiana di Psicopatologia, appoggiata dall'AITEC (Associazione Italiana Terapia Elettroconvulsivante), per chiedere l’aumento dei centri clinici autorizzati a praticare l’elettroshock, che in Italia fino ad allora erano nove: quattro pubblici (Brescia, Oristano, Cagliari, Brunico, Bressanone, Pisa) e tre privati (Verona, Bologna, Roma), per arrivare ad almeno un servizio per ogni milione di abitante in tutte le regioni. Della petizione non si seppe più nulla, ma ora visto che le strutture che eseguono la Tec sono novantuno vuol dire che ne abbiamo quasi una e mezza per ogni milione di abitanti.
Alcune regioni, in particolare il Piemonte, le Marche e la Toscana hanno promulgato leggi restrittive nei confronti di pratiche quali l’elettroshock, la psicochirurgia (lobotomia) e pratiche simili. La suprema corte ha bocciato questi provvedimenti regionali, quindi anche parte di una legge regionale che prevedeva limiti piuttosto precisi per interventi di psicochirurgia come la terapia elettroconvulsivante, la lobotomia prefrontale e trans orbitale e il divieto toscano di utilizzare certe pratiche sui minori, sugli ultrasessantacinquenni e sulle donne incinte. Con sentenza n. 338 del 2003 La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimi questi provvedimenti. Non è possibile che siano la giunta e il consiglio regionale a «limitare o vietare il ricorso a determinate terapie, la cui adozione ricade nell'ambito dell'autonomia e della responsabilità dei medici», così dice la Corte in sintesi. L’intera sentenza e altre interessanti informazioni si trovano sul libro Elettroshock. La storia delle terapie elettroconvulsive e i racconti di chi le ha vissute, edizione Sensibili alle foglie, 2014, anche scaricabile dalla rete: https://artaudpisa.noblogs.org/files/2014/02/elettroshock-online-ok.pdf.
L’ultima notizia che leggo sulle pagine di internet è la seguente: Palermo, 30 sett. 2013, con una deliberazione, su proposta dell'assessore alla Salute Lucia Borsellino, la giunta della Regione Sicilia ha vietato l'uso dell'elettroshock come strumento terapeutico in Sicilia.
1 A Chiavenna una via è dedicata a Ugo Cerletti, suo padre era originario della città della Mera.
2 Antonio Gibelli, L’officina della guerra, Bollati Boringhieri.
3 Sebastiano Vassalli, La notte della cometa, Einaudi.
3 Sebastiano Vassalli, La notte della cometa, Einaudi.
(per 'l Gazetin, febbraio-marzo 2015)
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