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Montecorice, parlano i familiari del ragazzo deceduto durante il tso (VIDEO)
Antonio VuoloMONTECORICE. Mamma Franca sfoglia l’album di famiglia come se stesse ancora accarezzando suo figlio Massimiliano. “Non doveva finire così” bisbiglia la sorella, Adele. In casa, in una traversina di via Marina Nuova che dà sulla piazza di Agnone, ci sono anche il fratello Gianfranco e papà Alfonso. Raccontano cos’è accaduto a Massimiliano, tra dubbi e paure. Dal giorno del ricovero nel centro di igiene mentale a Sant’Arsenio alla telefonata con cui gli comunicano il decesso. Si può racchiudere in questi dodici giorni la tragedia di Massimiliano Malzone, il 39enne pescatore di Agnone Cilento deceduto durante il ricovero per il trattamento sanitario obbligatorio nel centro specializzato del Vallo di Diano. Era la terza volta. Era già accaduto nel 2010 e nel 2013.
“Ma non era uno squilibrato, aveva solo questi piccoli momenti di annebbiamento” sottolineano i familiari. Ora, però, vogliono conoscere la verità. “Vogliamo sapere cos’è accaduto e se qualcuno ha sbagliato deve pagare” premettono. Da queste parti la vicenda di Mastrogiovanni, il professore di Castelnuovo Cilento deceduto nell’agosto del 2009 all’interno del reparto psichiatrico dell’ospedale di Vallo, è ben impressa nella memoria. La loro paura è che si possa essere di fronte ad un caso simile, seppure svoltosi con modalità diverse. “Nel giorno del decesso, – racconta la sorella – ho parlato con un dottore e mio fratello stava bene. Dopo tre ore, invece, ci chiamano per annunciare il decesso. A mio fratello hanno fatto una terapia da cavallo. Vi sembra normale? Ho la netta sensazione che stesse già male prima. Queste cose non devono succedere più”. Sarà pure una casualità, ma si tratta di uno dei medici già coinvolto nel processo e condannato in primo grado per la morte di Mastrogiovanni. Fanno riflettere anche le parole che avrebbe pronunciato una dottoressa in servizio alla Rianimazione di Polla, chiamata per soccorrere Massimiliano, nel giorno dell’autopsia, all’esterno della sala autoptica. “La dottoressa ci ha riferito che era già cianotico” riferiscono Adele e Gianfranco. Parole che sarebbero state messe a verbale anche da parte degli inquirenti. Qualcuno avrebbe udito addirittura la dottoressa dire che “devono smetterla di ammazzare le persone”. Ma anche l’autopsia alimenta le loro perplessità. “Nostro fratello aveva il cuore integro. È morto per un collasso. – spiegano – Lo stomaco era pressoché vuoto, altro che mangiava. E poi ci sono sei costole rotte”. Per non parlare delle tre magliette riconsegnate. Erano inzuppate di pipì, vomito e sangue. Ai familiari, inoltre, durante il ricovero è stata impedita ogni visita. “Ci hanno sempre impedito di incontrarlo” continuano. E poi c’è una telefonata fatta qualche ora prima di morire da Massimiliano con il cellulare di un’altra paziente alla sorella per chiedere il numero di telefono dell’avvocato. I discorsi vengono intramezzati dalle parole di Giuseppe Tarallo, presidente del Comitato Verità e Giustizia per Franco Mastrogiovanni, che partecipa all’incontro e li sostiene nella loro battaglia. La procura di Lagonegro, infatti, ha aperto un’indagine. Al momento, l’ipotesi di reato è quella di omicidio colposo, a carico di ignoti. Ma la loro delusione più grande sta nel fatto che questa tragedia poteva essere evitata . “Con maggiore sensibilità nostro fratello non sarebbe morto” ci tengono a specificare, ricordando quanto successo la mattina del 28 maggio, quando polizia locale e dottori si recano a casa di Massimiliano, che vive autonomamente in via Lavis. “L’hanno praticamente sequestrato, bloccandogli l’uscita di casa” precisa il fratello, finanziere, tanto da scatenare la sua reazione. Massimiliano, infatti, con una mazza di ferro si scagliò contro l’auto della polizia locale. “Ma non ha tentato di investire nessun dottore” aggiunge, ancora, la sorella. Mamma Franca scuote la testa, papà Alfonso osserva in silenzio. Il dolore è troppo forte. Così com’è forte il desiderio di conoscere la verità sulla morte del loro Massimiliano.
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