La Legge 180 ed il problema della sofferenza psichica. Intervista a Giorgio Antonucci
di Raffaele Cascone
http://www.psicoterapia.it/rubriche/interviste/template.asp?cod=14079
di Raffaele Cascone
http://www.psicoterapia.it/rubriche/interviste/template.asp?cod=14079
Professor Antonucci, qual è, a tutt’oggi, lo stato di attuazione della legge 180?
A
parte qualche singolo caso eccezionale, non viene attuato quello che
intendeva Franco Basaglia, ma si continua un lavoro che evidentemente
Basaglia non approverebbe: interventi autoritari, prendere le persone
con la forza e portarle in cliniche psichiatriche, che sono la
continuazione del manicomio. Il manicomio nasce dall’intervento
autoritario: prendo una persona contro la sua volontà, poi la sottopongo
ad una serie di interventi obbligati che sono l’essenza del manicomio.
Come operava Basaglia?
Avendo
lavorato con lui, vi dico quello che si faceva, che è molto più
importante di affermazioni teoriche, aveva fatto scrivere sui muri
dell’istituto di Gorizia e dell’istituto di Trieste “Noi liberiamo le
persone, voi continuate ad internarle”. Essere contro il manicomio
significa liberare le persone che sono state per anni rinchiuse, ridotte
in solitudine e non ascoltate, ma vuol dire anche pensare di non
continuare a trattare le persone come oggetti da riparare, e che non si
debba intervenire con la forza. Si deve intervenire tenendo conto della
volontà della persona. Anche perché siamo operatori della salute, non
siamo controllori sociali.
Per quanto riguarda l’aspetto terapeutico qual è la posizione sua e quella di Basaglia?
E’
molto semplice a dirsi: poiché si lavorava in manicomio o con persone
che rischiavano di finire in manicomio, il nostro approccio consiste
nell’avere un rapporto diretto con la persona e ragionare sui problemi.
Basaglia dice esplicitamente che non ci sono persone sagge e persone
folli, la contraddizione tra la razionalità e l’irrazionalità riguarda
tutti, per cui le persone con cui si ha a che fare sono persone che
hanno problemi da affrontrare e bisogna discuterli e questi problemi non
sono individuali, nel senso che appartengono alla singola persona
isolata, ma sono problemi di rapporto dell’individuo con la società. Se
ci sono i manicomi è anche perchè la società è una società di
ingiustizie.
Il fatto che oggi stia prevalendo la psichiatria farmacologia la dice lunga…
Grandi
studiosi tra cui Thomas Szatz e Peter Bregin dicono che gli
psicofarmaci sono un sistema per rendere le persone più stordite, non
aiutano per niente a risolvere i problemi. Gli psicofarmaci non servono a
niente e sono dannosi, al sistema nervoso, procurano il morbo di
Parkinson in persone giovani, di vent’anni. Gli psicofarmaci danneggiano
il fegato, i polmoni, i reni. A parte i danni non servono a niente: il
problema che ci riguarda è un problema esistenziale non clinico: per
Basaglia, ciascuno di noi può trovarsi in un momento in cui non riesce a
conciliare le proprie esigenze con la realtà. D’altra parte prima di
Basaglia e prima di Szats, l’ha detto Freud. Freud era un grande
neurologo e conosceva le malattie dovute a lesioni al cervello, ma per
quanto riguarda i problemi psichiatrici Freud disse “Ho smesso di fare
il neurologo ed ho cominciato a fare il biografo”. Agli psicanalisti
americani che lo interpellavano per sapere se per occuparsi di questi
problemi psicologici fosse necessario essere medici, Freud rispose di
no. Freud distingueva chiaramente la malattie del cervello che sono il
morbo di Alzheimer, il Parkinson, il tumore cerebrale, la sclerosi
laterale amiotrofica, malattie del cervello con oggettività biologica.
Ma dire che un omosessuale è un malato di mente non è un discorso medico
o biologico ma è un discorso di valutazione dei comportamenti.
Malgrado
queste grandi acquisizioni culturali ed antropologiche di cui lei è
stato protagonista e partecipe, nel 2008 in Italia prevalgono una
psichiatria farmacologia ed una psicoterapia di stato.
In questo
stato di cose non c’è una formazione adeguata. Basaglia non fu mai
accettato dalle università. Il problema è che le università insegnano la
psichiatria, insegnano appunto il concetto falso di malattia mentale
non quello di cui abbiamo parlato finora, insegnano a fare i controllori sociali
ed a considerare quelli che entrano in conflitto con i costumi e con la
società come difettosi biologicamente invece che come persone che sono
entrate in una dialettica di contrasto con certi problemi. Freud era
allievo di Charcot a Parigi. Charcot all’università dove insegnava
mostrava le famigerate donne isteriche dell’Ospedale “La Salpetriere” di
cui era responsabile. Diceva agli studenti “queste donne probabilmente
hanno un difetto nervoso”, poi a Freud ed agli allievi intimi, in
privato, anche per evitare guai con le autorità, diceva: “la cosa è la
sessualità”, il problema è il conflitto della sessualità femminile con
l’arretratezza dei costumi. Su questo concetto Freud ha fondato la
psicoanalisi. Molti non lo sanno. Gli è stato suggerito in questo modo
da Charcot che era il più grande neurologo del tempo in Europa. Oggi si
continua a fare un discorso che non è reale. Nel manicomio e nelle
cliniche psichiatriche ci vanno a finire persone che hanno conflitti con
sé stessi e con la società, conflitti che vanno relazionati, come già
ha detto Freud, come dice Thomas Szatz, e come dice lo stesso Basaglia, e
risolti. Si tratta di un problema di dialettica, in senso socratico ed
hegeliano, vale a dire di sviluppo della persona nel quadro delle
relazioni, non di medicina.
Quali sono le implicazioni per la formazione degli psicoterapeuti?
Per
quanto riguarda la formazione bisogna smettere di fare un discorso
pseudo medico e fare invece un discorso di analisi delle contraddizioni
sociali. Se si pensa che il Ministero ha approvato psicofarmaci per i
bambini cosiddetti “iperattivi” e che c’è una casistica negli stati
uniti di casi di intossicazione e decessi a seguito della loro
somministrazione, e se si pensa che il ministero approva l’uso
dell’elettrochoc, a questi livelli c’è poco da sperare.
Nessun commento:
Posta un commento