Maths Jesperson ha fondato, insieme ad altri utenti e sopravvissuti alla psichiatria, l’albergo autogestito “Hotel Magnus Stenbock”, il cui principio fondamentale è che vivere nell’albergo non deve essere visto come parte di un processo riabilitativo. Starci non vuol dire entrare a far parte di una rete dei servizi sociali e/o psichiatrici o qualcosa del genere. Maths dirige la compagnia teatrale Stumpen-Ensemble, composta da attori che sono utenti psichiatrici, tossicodipendenti e homeless ed è ricercatore presso l’Università di Malmø-Svezia.
Sono un sopravvissuto psichiatrico svedese. A partire dal 1988 sono segretario regionale del RSMH (Unione nazionale svedese di chi ha fatto esperienza ed è esperto in campo psichiatrico) e dal 1990 faccio parte della direzione. Sono attivo nella Rete Europea degli (ex) utenti e sopravvissuti alla psichiatria (Enusp) e redattore della nostra Newsletter europea.
A marzo del 1980 mi sono fatto ricoverare volontariamente in psichiatria. Non mi era rimasto nient’altro che farmi ricoverare. Fuori non riuscivo a stare da nessuna parte.
Nel novembre del 1981 ho abbandonato la psichiatria perché non mi avevano aiutato. Non hanno nemmeno tentato di aiutarmi, mi hanno invece somministrato neurolettici che hanno acutizzato la mia sofferenza. Anche la mia pazzia, cioè la mia sofferenza originaria, era peggiorata come mai prima. Quasi due anni passati in psichiatria sono stati, per me, tempo buttato via. La mia pazzia è stata diagnosticata dalla psichiatria come “nevrosi compulsiva” del grado più severo e inguaribile, una categorizzazione dei sintomi esteriori. Il mio mondo interiore però non lo conoscevano.
Prima di
tutto voglio spiegare cosa non mi
aiuta e non mi serve, quando impazzisco. E’ semplice: la psichiatria. La
psichiatria non può aiutarmi, ma solo aumentare le mie sofferenze. La
psichiatria è anche una trappola, che mi impedisce di guarire. Da questa
trappola è molto difficile uscire.
La trappola psichiatrica si può
rappresentare così:
Sofferenza/Problemi ®Modello medico®Paziente/Disabile
®Provvedimenti sociali®Paziente/Disabile
®Provvedimenti sociali®Paziente/Disabile
Descriverò
come la psichiatria (il modello medico) trasforma degli esseri umani che
soffrono e hanno problemi in pazienti e disabili cronici. La psichiatria non
avvia nessun processo di guarigione, è al contrario un’istituzione che
trasforma le persone, creando pazienti psichiatrici.
Non
esistono malattie psichiche al di fuori della psichiatria; le malattie
psichiche vengono create dalla psichiatria. Esistono problemi, sofferenze,
comportamenti, pensieri e percezioni inusuali, ma non esistono malattie
psichiche. La psichiatria le crea, con l’aiuto di una terminologia medica e di
metodi trattamentali simili a quelli medici, che sembrano terapie mediche e che
nei confronti dei pazienti portano a termine un lavaggio del cervello, con lo
scopo di persuaderli ad essere “malati psichici”. La psichiatria non è una
scienza, ma un’ideologia. Il concetto generale di questa ideologia è il modello medico.
La
psichiatria produce pazienti e disabili, che quando vengono lasciati di nuovo
uscire nella società, spesso non sono più in grado di aiutarsi da soli.
Diventano così oggetto di differenti provvedimenti sociali, ripartiti tra
psichiatria territoriale e assistenza sociale. Questi provvedimenti possono
essere necessari, ma hanno una parte che rimane in ombra: rafforzano sempre di
più il ruolo di paziente e disabile.
Quando si
vuole evadere dalla prigione psichica e sociale e si desidera guarire, anziché
rimanere nel ruolo di paziente e di disabile, si deve rivoltare tutto il
processo di trasformazione psichiatrico. Il concetto generale di questo
“contro-processo” è l’auto-aiuto.
Auto-aiuto
significa liberazione dalla trappola psichiatrica e dalla propria sofferenza e comprende
tre livelli:
• liberazione dalla psichiatria
• liberazione dal ruolo di disabile
• liberazione dalla propria sofferenza.
La
liberazione dalla psichiatria e dal ruolo di disabile può ad esempio essere
attuato con l’appoggio del movimento degli utenti e sopravvissuti alla
psichiatria. Una “casa del fuggitivo” o un’associazione locale di utenti e
sopravvissuti psichiatrici potrebbero creare una zona libera dalla psichiatria,
che renda possibile un’ulteriore recisione dalla psichiatria e dal ruolo di
disabile. La liberazione dalla psichiatria e dal ruolo di disabile è una
necessaria premessa del processo di auto-guarigione.
Approfondirò
soprattutto il terzo livello. A questo scopo vorrei formulare dei principi
sulla pazzia. Lo farò in tre punti:
1.
La pazzia ha un senso
Il compito è quello di scoprirne il senso e non
quello di diagnosticare, prescrivere e riabilitare.
La pazzia non è una
malattia, ma un profondo conflitto. Ma più ancora, è il tentativo di trovare
una via d’uscita da questo conflitto. La pazzia non è soltanto l’espressione di
questo conflitto, ma anche il tentativo di superarlo. La soluzione è già
nascosta in essa. La si deve solo scoprire. Quando il suo significato si
cristallizza, cioè viene messo in rilievo, si riuscirà a riconoscere non solo
tutte le vie senza uscita, ma anche la strada giusta. Può quindi succedere che
in mezzo al caos si realizzi la svolta per una nuova vita liberata. La pazzia
non è senza senso, ma al contrario piena di senso. Il significato vero si
nasconde dietro la falsa definizione dei cosiddetti vaneggiamenti e ne viene
così distorto e alterato. Il compito è quello di trovare il nocciolo della
verità.
La ricerca deve
compiersi in trasparenza e senza pregiudizi psichiatrici o psicologici. Ci si
deve mantenere aperti a delle soluzioni molto inusuali e fuori dall’ordinario.
Per questo motivo non ci si dovrebbe rivolgere agli psichiatri o agli
psicologi. La pazzia non dovrebbe essere ridotta solo a un concetto
psichiatrico o psicologico.
2.
La pazzia non è soltanto
qualcosa di negativo
La cosa negativa, cioè il crollo, il collasso,
rappresenta solo un lato. L’altro lato, quello positivo, è la possibilità di
una nuova vita.
La pazzia
non è quindi solo negativa, ma anche positiva, perché apre la possibilità di
uscire da una situazione insopportabile o senza senso e introduce a un vita
autentica. La pazzia è la via attraverso la notte e il giorno. Solo
attraversando la notte si raggiunge il mattino. Altrimenti ci si deve arrestare
per sempre, insieme agli psichiatri e il loro personale, dentro una sera
convenzionale, noiosa, vuota, robotizzante, che uccide la mente!
3.
La pazzia è parte
integrante dello sviluppo della propria personalità
La pazzia non è un fenomeno isolato come una
malattia, un complesso o qualcosa di simile. Si tratta invece di una parte
integrante della propria personalità e della propria storia. La pazzia non è
una malattia, ma una via. Non esiste una via che riconduca “indietro alla vita
normale”, ma solo una via per una vita nuova. La pazzia è subentrata per
esigere questa nuova vita. Non si tratta di una condizione desiderabile, ma
piuttosto di un caos, di un caos necessario però, che si deve attraversare.
Attraverso il caos, la pazzia, si arriva dall'altra parte. Il problema è come
trovare questa via attraverso la pazzia.
La cosa
migliore è trovare qualcuno che funga da indicatore stradale e che abbia già
percorso la stessa via (potrebbe essere un ex-utente psichiatrico). Alla fin
fine si percorre la via da soli, non la si può cedere a nessuno, men che meno
agli psichiatri e ai loro sottoposti. Si tratta di una via difficile e
dolorosa, ma diventa sopportabile quando si sa che si tratta di un processo
significativo e che lo sfondamento è possibile.
L’auto-aiuto
è la strada per uscire dalla propria sofferenza. L’auto-aiuto non è
un’integrazione della psichiatria, ma un’alternativa alla psichiatria.
Voglio
rappresentare due modelli come alternative al modello medico della psichiatria:
A. Il modello della giungla
Diventare
pazzi è come entrare in una giungla. La cosa importante è riuscire a trovare la
via attraverso la giungla. Questo è molto difficile, perché la giungla è un
luogo molto selvaggio senza sentieri già calcati. Non esistono né una carta
geografica della giungla, né esperti che possano dare indicazioni giuste. La
giungla è anche un luogo molto pericoloso ed esiste il grande pericolo di non
trovare la via per uscirne.
Dalla
psichiatria non si riceve nessun aiuto, perché la “soluzione” che propone non è
scoprire la via, ma rinchiudere la persona. In mezzo alla giungla tenta di
costruire un muro attorno all’intera persona, oppure attorno al solo cervello
attraverso gli psicofarmaci. La “soluzione” psichiatrica è di incapsulare la
persona nel mezzo della giungla per il resto della sua vita.
La psicoterapia non
tenta di cercare la via che conduce fuori dalla giungla, ma di rappresentare la
via, attraverso la quale la persona è entrata nella giungla, dal punto di vista
cartografico. A volte può essere un po’ d’aiuto, perché si potrebbero acquisire
delle conoscenze per quanto riguarda la via che porta dentro la giungla, che
potrebbero essere d’aiuto per la via d’uscita.
L’auto-aiuto
è un metodo per trovare la via d’uscita dalla giungla. Ma è difficile farlo
completamente da soli. E’ bene avere un accompagnatore, che può essere un
sopravvissuto alla psichiatria che ha trovato una via fuori dalla giungla, o
un'altra persona spiritualmente affine, con uno sguardo aperto per le soluzioni
non convenzionali. L’accompagnatore non è un esperto che indica la strada, ma è
una persona con affinità di idee, che riesce ad immedesimarsi facilmente nella
situazione.
L’accompagnatore
non deve tirare fuori la persona dalla giungla, ma inoltrarsi nella giungla,
esattamente là dove si trova la persona e insieme devono cercare la via per
uscire fuori dalla giungla. L’accompagnamento e il sostegno non devono essere
unilaterali. Ciascuno è, sotto molti punti di vista, ancora nella giungla, e
vorrebbe essere accompagnato per trovare la via d’uscita. L’auto-aiuto non è come
l’assistenza sociale o la psicoterapia, dove esiste una suddivisione tra coloro
che aiutano e coloro che hanno bisogno d’aiuto. L’auto-aiuto è un mutuo
impegno, profondo e personale. Ciò significa che la vita tra chi ha bisogno
d’aiuto e chi aiuta s’intreccia, cosa possibile solo tra chi è affine
spiritualmente, ma non tra personale e bisognosi d’aiuto.
B. Il
modello cosmico
Essere
pazzi è talvolta come essere su un pianeta straniero. La Terra è stata
abbandonata perché è diventata troppo insopportabile, non si riesce più a
starci. Nonostante ciò esiste ancora una tenue relazione con la Terra. Esiste
un sottile canale tra il pianeta straniero e la Terra, che rende possibile il
ritorno.
La
psichiatria rende il ritorno impossibile. Interrompe la relazione con la Terra
attraverso la sua dichiarazione di malattia, la diagnosi, la reclusione, la
produzione di pazienti e disabili e non per ultimo attraverso gli psicofarmaci.
L’auto.aiuto
è il metodo per ritornare sulla Terra ed essere accompagnati può rappresentare
un sostegno. Non si tratta di riportare la persona, ma solo di stare sulla
Terra con un’apertura sensibile davanti al pianeta straniero e di creare sulla
Terra un ambiente psicologico e sociale migliore, che renda possibile la
realizzazione del desiderio della persona di ritornare dal pianeta straniero.
Il ritorno non si può estorcerlo o forzarlo, ma solo renderlo possibile.
L’accompagnatore deve aprire e tenere in piedi la relazione con il pianeta
straniero e la persona. Questo è possibile realizzarlo solo tra affini nelle
idee, con un profondo impegno personale uno per l’altro.
Traduzione a cura di Erveda Sansi
Nessun commento:
Posta un commento