Appunti per socializzare un'esperienza
Sabato 27 giugno ci siamo recati all'SPDC di Varese dove era rinchiuso in TSO Davide M., un ragazzo di 32 anni già seguito dal CPS di Viggiù dal 2009.
Per contattarci aveva lasciato un messaggio nella nostra segreteria telefonica e chiamato il telefono viola di Piacenza.
Gli suggeriamo di scrivere una dichiarazione da far inserire nella cartella clinica, dove dice che accetta le cure ma che intende continuarle al proprio domicilio seguito da uno specialista di sua fiducia. Mandiamo una copia della dichiarazione al giudice tutelare di Varese e al telefono viola di Piacenza.
In altre situazioni questo è stato sufficiente per far decadere il TSO.
In altre situazioni questo è stato sufficiente per far decadere il TSO.
In questo caso alla scadenza del TSO che era già stato rinnovato di una settimana, lo trattengono in trattamento formalmente volontario, dicendogli che oggi (lunedì 6 luglio) in ogni caso lo avrebbero dimesso. Stamattina invece non lo hanno dimesso e gli hanno detto che doveva rimanere lì ancora fino a giovedì.
Ci ha subito telefonato per dirci che voleva uscire, alle 11,30 siamo andati in tre per farlo uscire e per poter parlare con Buzzi, lo psichiatra che lo segue.
Poichè Davide aveva detto che saremmo arrivati, Buzzi non si è fatto trovare (loro pensavano che questa sarebbe stata una buona argomentazione per non farlo uscire).
Prima la psichiatra Marrapodi Luciana ci fa attendere per un incontro con il primario e il direttore sanitario, dopo, poichè questi non sono arrivati ci ha ricevuto lei con un'altra psichiatra e tre giovani infermieri. Alle solite argomentazioni che usano in questi casi, abbiamo ribadito che se non avessero rispettato la volontà di Davide, si poteva ravvisare un sequestro di persona, che avremmo fatto dei comunicati stampa dove si denunciava la cosa (in quel reparto è morto Giuseppe Uva) e che li avremmo pubblicati anche su tutti i nostri blog.
Cercano di convincerci a fare un incontro domani, martedì, alle 14 con primario e il direttore sanitario impegnandosi a mettere per iscritto che sarebbe uscito subito dopo.
Intanto chiediamo di parlare con Davide (erano le 12.30, orario di visita), prima ci dicono che le visite sono solo per i parenti, poi che al massimo può entrare una persona, gli ribadiamo che è illegale quello che stanno facendo e subito si aprono le porte. Davide non vuole aspettare il giorno dopo, non ce la fa più a stare lì dentro, gli diciamo che è lui che deve decidere, se se la sente di “forzare” la situazione oltre che con gli psichiatri anche con i suoi genitori che lo vogliono tenere lì dentro, noi rispettiamo la sua volontà e ci muoviamo di conseguenza; se vuole aspettare il pomeriggio o il giorno dopo in modo che anche noi abbiamo modo di parlare con i suoi genitori per tentare di stemperare il conflitto ci comportiamo di conseguenza.
Mentre si sta discutendo con lui, il manipolo di psichiatri e infermieri chiama ancora noi tre insieme al ragazzo per fare un ultimo tentativo di persuasione con lui, che ribadisce la netta volontà di andarsene subito. Si capisce che non sanno che pesci prendere.
Intanto hanno telefonato ai genitori e ci dicono che arriveranno tra un’ora.
Poco dopo gettano la spugna e presentano il foglio di dimissioni volontarie da fargli firmare, dove si dice anche che esce contro la volontà dei sanitari.
Cosa anomala, chiedono anche a noi di firmare, per finirla lì scrivo sotto la firma di Davide queste due righe “prendiamo atto della volontà di Davide M. di essere dimesso”.
Usciamo dall’ospedale e aspettiamo i genitori in un bar. Spesso i genitori sono i migliori alleati degli psichiatri e i peggiori aguzzini dei loro figli. Quando arrivano, il padre rimane muto tutto il tempo, la madre ci accusa di aver fatto uscire il figlio, ci dice che lei non lo vuole a casa, che lui può essere curato solo lì dentro perché fuori non vuole prendere le medicine e che in ogni caso lei non lo sopporta. E’ furiosa, a nulla valgono i tentativi di Davide e nostri di farla riflettere e di calmarla. Dopo una mezz’ora di discussione concitata, si avviano verso l’SPDC per chiedere conto agli psichiatri dell’uscita anticipata del figlio.
Facciamo ancora un po’ compagnia a Davide sempre fuori dall’ospedale dove attende il ritorno dei suoi, poi noi andiamo.
Con un po’ di soddisfazione per la sua liberazione (si spera non temporanea) e l’amarezza che, in un mondo dove un individuo non trova un suo posto dove vivere ed esprimersi liberamente, senza giudizi o pregiudizi di psichiatri o del pensiero psichiatrico che pervade la società, i tanti Davide sentiranno sempre la minaccia di un nuovo internamento o “cura” senza che siano mai soggetti di scelta e che si rispetti la loro volontà.
Gaia, Carmen e Stefano
del Gruppo d’iniziativa non psichiatrica di Tradate
Nessun commento:
Posta un commento