I
lobotomisti sono tornati!
Huffingtonpost
– 11/11/2013 di Peter R. Breggin – Dottore in Psichiatria
I
ricercatori dell’Università Laval di Quebec City, Canada, hanno
pubblicato un nuovo studio di psicochirurgia moderna, ma il progetto soffre
della maggior parte degli stessi ingiustificabili difetti connessi con la
pratica abusiva in voga negli anni 50, compresa la mancanza di consenso
informato e di “garanzie” per i diritti dei pazienti. Per motivi che restano
incomprensibili, le persone con ossessione e compulsione cronica sono diventati
l’obiettivo principale degli psico-chirurghi: anche questo studio canadese si
rivolge ai cosiddetti pazienti OCD (Obsessive-Compulsive Disorder – Disturbo
Ossessivo-Compulsivo).
La
psicochirurgia è la mutilazione o la distruzione del tessuto cerebrale normale
per scopi psichiatrici o per il controllo di emozioni e comportamento. La
lobotomia è la forma più nota di psicochirurgia e, come suggerisce il nome,
distrugge il tessuto cerebrale nei lobi frontali: la sede di tutte le funzioni
umane superiori tra cui ragionamento astratto, giudizio, pianificazione,
autonomia e indipendenza, autocoscienza, consapevolezza sociale, sensibilità e
amore. Altre forme di psicochirurgia colpiscono aree adiacenti e collegate ai
lobi frontali e hanno effetti identici o molto simili alla lobotomia.
Due
studi conclusivi hanno inequivocabilmente messo in evidenza come la
psicochirurgia deprivi l’individuo degli attributi e qualità umane
fondamentali. Già nel 1955, P. MacDonald Tow, un lobotomista professionista, ne
descriveva i danni come “menomazione dei poteri di astrazione e sintesi, della
percezione di relazioni e differenze, della capacità di affrontare situazioni
complesse, di pianificare o elaborare l’azione successiva da farsi e le sue
conseguenze, nonché la rivalutazione dei propri errori. I processi mentali
superiori sono quelli maggiormente lesi e risultano “smussati,” a causa di una
“generalizzata compromissione dell’attività mentale… più grave nelle funzioni
superiori e più peculiarmente umane”.
Prima
di una lobotomia la maggior parte dei pazienti sono in grado di scrivere una
breve biografia di diversi paragrafi su se stessi, compresa la loro sofferenza.
Dopo la lobotomia, non sono più in grado di riflettere su sé stessi abbastanza
per scrivere qualcosa di significativo, nemmeno una semplice riflessione.
Nel
1982 Heidi Hansen, Ruth Anderson e un team di ricercatori hanno eseguito la più
recente e approfondita analisi degli effetti della moderna psicochirurgia,
concludendo che i pazienti post-psicochirurgia soffrono di “indifferenza
emotiva”.
Le
capacità del paziente sono ridotte ad una debole iniziativa e scarsa capacità
di strutturare la sua situazione; l’emotività svanisce, l’individuo è
organizzato più superficialmente ed è più dipendente dalla situazione
immediata. Il contatto con le altre persone diventa più appiattito e il
comportamento più meccanico.
Nonostante
questi due studi ben documentati, gli autori canadesi ignorano
completamente gli effetti complessivi della psicochirurgia. Invece hanno
seguito i pazienti dopo sette anni al telefono, con intervistatori non
addestrati, e chiedendo ai pazienti nient’altro che un elenco formale di 10
domande a cui rispondere con un voto da 0 a 4 sulla presenza o assenza di
ossessioni e compulsioni.
La
lobotomia rende le persone indifferenti a se stessi e alla loro situazione,
compresi i propri sintomi psicologici, questo non non viene mai menzionato. I
pazienti lobotomizzati hanno poca o nessuna capacità di capire cosa è successo
loro. Non si può scientificamente far conto sulle loro risposte a un
questionario al telefono sette anni dopo la distruzione traumatica di porzioni
del loro cervello.
Ci
sono stati gravi incidenti durante la sperimentazione. Gli autori segnalano
come “solo due pazienti hanno avuto complicazioni chirurgiche permanenti.” Solo
due? Questo significa già un tasso incredibile del 10,5%! Oltre a ciò, “il
tasso di eventi avversi in generale era del 57,9%,” soprattutto in ospedale,
tra cui una “sindrome del lobo frontale” in cinque pazienti, che indica un
grave effetto acuto della lobotomia stessa. Alcuni pazienti hanno avuto
emorragia cerebrale e trombosi venosa profonda, mentre “gli altri hanno
lamentato infezione delle vie urinarie e polmonite.” E, nascosto nella sezione
delle “complicazioni”, si trova la menzione dei due pazienti operati una
seconda volta (per un totale di 16 lesioni nel cervello).
Questa
non è scienza. E’, invece, un abuso degli esseri umani indifesi. Lo studio è
talmente mal fatto e gravemente distorto nei suoi risultati, che non si riesce
a capire come possa essere stato pubblicato in una fonte ufficiale come “Il
giornale di neurologia, neurochirurgia e psichiatria”.
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